Le luci del grande basket lo hanno illuminato quando era ancora giovanissimo. Non solo Dyson, Sanders, Lawal o Logan: nella stagione 2014/15, quella dello storico Scudetto, la Dinamo Sassari concedeva i primi scampoli di parquet a un giovane talento in rampa di lancio: Enrico Merella, classe '95.

Sprovvisto di qualsiasi forma di timidezza, il figlio d'arte (papà Paolo ha forgiato generazioni di giocatori sassaresi) si era presentato con una tripla all'esordio assoluto contro Pistoia. La vita, poi, l'ha portato a cercare fortuna su altri campi del basket nazionale (Agropoli e Scauri), per poi farlo tornare nell'Isola, dove è diventato capitano e faro dell'Innovyou Sennori. E a 9 anni di distanza da quello sfavillante esordio al PalaSerradimigni, Merella ha dimostrato di non aver perso feeling col tiro dalla lunga distanza, mandando a referto la "bomba" sulla sirena che ha permesso alla sua squadra di sbancare il campo della Ferrini e di conquistare la vetta solitaria della Serie C Unica di basket maschile.

«Durante l'ultimo timeout, ho detto al coach che avrei voluto prendere l'ultimo tiro», rivela Merella, «mi sentivo in fiducia, è stato disegnato uno schema per me ed è andata bene, ma i complimenti vanno a tutta la squadra. Le contromisure pensate per riuscire a battere la Ferrini sono state puntualmente eseguite in campo. Faccio i complimenti a tutti i miei compagni».

Sennori e Delogu Legnami paiono destinate a ritrovarsi in finale, ma col vantaggio del fatture campo per Hubalek e soci: «Giocare contro la Ferrini è sempre bello», dice, «ho grande rispetto nei loro confronti, hanno davvero tanti grandi giocatori». L'Innovyou, dal canto suo, viaggia col vento in poppa garantito da ben 12 vittorie consecutive: «Ci alleniamo sempre duramente», sottolinea, «molti di noi devono conciliare basket e lavoro, ma si fanno in quattro per non mancare mai». Il sogno non è un mistero: «Ci auguriamo che questo impegno possa essere premiato con la promozione, ma a prescindere da come andranno le cose, sono orgoglioso di ciò che la mia squadra sta facendo», conclude, «dobbiamo cavalcare l'onda: stiamo vivendo un piccolo sogno».

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