Non salite su quel ring. La porta che molti non vorrebbero aprire, forse perfino il Cio, è un incontro di pugilato tra l'italiana Angela Carini e l'algerina Imane Khelif, la pugile algerina esclusa dai Mondiali perché il suo Dna ha un cromosoma maschile ma ammessa ai Giochi Olimpici.

Oggi l'annunciato incontro dei pesi welter, e lo sport azzurro resta col fiato sospeso. Il Coni ha chiesto al Cio che «i diritti di tutti gli atleti siano conformi alla carta olimpica e ai regolamenti sanitari», ovvero alle regole sulla complicata questione del gender. La boxe italiana, già sotto choc per le eliminazioni dei suoi azzurri di punta, è preoccupata dal pugno di pietra della Khelif, incrociata da Carini nei collegiali di Assisi, e che la messicana Brianda Tamara definì «peggio di quelli di tanti sparring partner uomini».

La stampa algerina si indigna, perché l'Italia parla di 'transgender'. In realtà non è provato che Khelif sia transgender, potrebbe anche essere iperandrogina. Quel che è certo è che fu esclusa dalla finale mondiale perché l’esame del Dna rivelò la presenza del gene XY, proprio degli uomini.

Dal tweet di JK Rowling all’indignazione di Matteo Salvini. Fino alle dichiarazioni dei ministri. Roccella (Famiglia): «Desta preoccupazione la partecipazione di due pugili transgeder ai Giochi, dopo che non erano stati ammessi in altre competizioni internazionali». Abodi (Sport): «Per Angela Carini non sarà garantita l'equa competizione».

Al Comitato olimpico internazionale non interessa sapere se l'algerina è transgender o iperandrogina come Caster Semenya, la fondista sudafricana che diventò un caso mondiale. Da parte sua, il Cio aveva chiuso ogni questione già sei giorni fa, quando dal pugilato italiano erano emerse le prime perplessità al sorteggio: per noi, la risposta Cio, Khelif è donna.

Anche la federazione mondiale attacca il Cio: «L’ammissione solleva seri interrogativi sul principio dell'equa competizione e della salvaguardia degli atleti». Il Cio però si basa sul livello del testosterone, l'ormone della forza maschile, unico criterio - a suo dire - per definire se un'atleta donna è avvantaggiata, anche nelle Olimpiadi dell'inclusione. In sostanza, allo sport mondiale non interessa se sei uomo o donna, se hai scelto una transizione come Lia Thomas, l'americana del nuoto, o Laurel Hubbard, neozelandese e prima atleta trans ai Giochi, tre anni fa. Interessa solo se da donna hai troppa forza maschile per la tua avversaria. Una scelta ad esempio contestata da campioni senza tempo come Martina Navratilova, una vita a difesa dei diritti omosessuali. E il livello del testosterone di Khelif è da donna, per il Cio.

«Non posso che adeguarmi alle regole delle Olimpiadi», si limita a dire Carini.

(Unioneonline)

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