Sergio Pinna, classe 1961, sassarese purosangue ("in ciavi" come si dice a Sassari), portiere degli anni d'oro della Torres, quelli di Zola, di Piga, di Ennas per interderci, continua a fare calcio nella sua amata città: preparatore dei portieri del Latte Dolce. Ne ha tirato su diversi in questi anni. Congiunti, ad esempio, l'attuale estremo difensore della prima squadra, è stato allevato da lui. "Portieri si nasce, ed essere portieri è una miscela di arte e istinto  - spiega Pinna -. Poi bisogna lavorare tanto, per affinare le proprie doti. Altrimenti non si va da nessuna parte. Inoltre è severamente vietato avere paura". Il momento dei numeri uno italiani non sembra esaltante. "Nel ruolo torneremo presto al top - precisa l'ex torresino -. È solo un periodo no". Il calcio giocato conosciuto da Sergio Pinna è profondamente cambiato."È un altro mondo - sentenzia -. La mia scuola calcio erano le vie di Monte Rosello, il quartiere dove sono cresciuto. Poi appena ragazzino la squadra del Franco Bar, allenati da quel sant'uomo di Depalmas. Eravamo forti e in diversi di noi siamo andati alla Torres". Il grande amore della vita, amatissimo dei tifosi, perché Sergio Pinna, uomo simpatico ed estroverso, oltre ad essere stato un grande portiere e uomo di calcio, è l'emblema della "sassareseria", della "cionfra", come la chiamano nel capoluogo. "Con i tifosi sassaresi ho sempre avuto un rapporto speciale e mi spronavano a loro modo anche durante la settimana - precisa -.Vent'anni in rossoblù poi non si possono dimenticare. Compagni e ambiente fantastici. L'Acquedotto allora era una fortezza inespugnabile e il nostro pubblico spesso rappresentava il dodicesimo uomo in campo. Io mi sentivo ancor più carico di responsabilità, in quanto ero tra i pochi sassaresi in campo". Questo acuiva la rivalità con i cugini del Cagliari, i cui tifosi, ai tempi degli infuocati derby della Serie C, riservavano al portierone sassarese accoglienze particolari. "A Cagliari venivo spesso bersagliato dagli ultrà e non solo - dice Pinna -. Specie da quella volta che dissi alla stampa prima di un derby che avremo vinto la partita. Ma non porto assolutamente rancore. Sono le regole non scritte del calcio. E io le conoscevo e conosco benissimo". Ma c'è una cosa di questo sport che a Sergio Pinna non va proprio giù, come a diversi grandi calciatori della sua generazione. "Mi infastidisce molto che debbano giocare per forza i fuori quota  - sottolinea -. Si toglie al calcio uno dei suoi aspetti fondamentali: il merito. Ai miei tempi il giovane giocava lo stesso. Doveva però avere una caratteristica molto semplice: non l'età, ma sapere giocare a pallone".
 

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