Danilo Unali, 45 anni di Porto Torres, ha conosciuto il vecchio calcio. Quello tutto sudore, polvere e sterrato. Quello che si praticava prima dei terreni in erba sintetica. Giocava da terzino, quelli tenaci e orgogliosi di una volta. Aveva cominciato nella Turris di Porto Torres, fucina come sempre di talenti. Poi tante squadre: Turritana, Sedini, Stintino e Campanedda tra le altre. Campionati di Prima e Seconda Categoria disputati con grande dignità e correttezza, con doti tecniche e coraggio da leone. Sino ai 40 anni. Ma Danilo non è tipo da fermarsi. Prima della pandemia è stato attirato da uno sport di lotta: il grappling. Disciplina in grande espansione basata su combattimenti, spazzate, atterramenti e prese ferree.

«Allenamenti durissimi nella palestra Mas di Porto Torres, agli ordini di Danilo Sechi e Giuseppe Sotgiu - spiega lui -. Ma poi mi sono abituato. Il grappling è chiaramente uno sport di contatto. Ma ha le sue regole e bisogna rispettarle. Certo, ci vuole una buona dose di coraggio. Ma questa  non mi è mai mancata». Le doti fisiche di Danilo, operaio manutentore, hanno fatto il resto: forte, agile e scattante, sembra nato per questo sport. Sono arrivate le vittorie e la grande consacrazione il 13 dicembre scorso a Roma: campione italiano di categoria.

«Ora devo confermarmi a novembre - precisa - e continuo ad allenarmi assiduamente in palestra per questo. Ho un rapporto splendido con tutti e malgrado il grappling sia uno sport individuale gli incitamenti nelle gare di istruttori e compagni aiutano moltissimo». Di soldi in questo sport neanche l'ombra. «Solo qualche sponsor che ci paga i viaggi, li ringraziamo di cuore - conclude Danilo Unali -. Ma non fa nulla. Quando a Roma sono salito nel gradino più alto del podio mi sono sentito quasi un re, orgoglioso di avere portato in alto il nome di Porto Torres».
 

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