Per dirla con le parole del poeta Jacques Prévert, Piero Ligas passeggia nel giardino dei suoi sogni con il sorriso sulle labbra. Un sorriso che ha conservato dentro e fuori le piste di atletica dove si è distinto come uno dei mezzofondisti più forti di sempre del panorama sardo. Un mezzofondista capace di siglare un record sui 5000, pari al tempo di 14’02’’9, che resiste dal 1984 quando in una sera d’estate in quel di Ferrara siglò migliorandosi ulteriormente, affiancato dal Professor Nardino Degortes suo tecnico e massimo conoscitore della specialità.

Uomo di sport, artista, padre di famiglia, nonno: Ligas, 74 anni nato a Nurri ma residente a Cagliari dall’infanzia, nel suo studio di via Lamarmora nel cuore di Castello, parla di atletica con pacatezza, pesa le parole senza abbandonarsi alle manie di protagonismo che hanno deturpato più volte la disciplina. Nel ricordare il suo record emerge timidezza e al contempo un pizzico di orgoglio, oltre a una visione del tutto peculiare dell’atletica leggera. Disciplina ardua, praticata da tanti ma da  pochi compresa. Il primato del 1984 fu l’ultimo siglato da Ligas che, in totale, migliorò il suo record sulla distanza per ben quattro volte: fu una mosca bianca all’epoca, capace di correre a livelli alti superati i trent’anni, questione che ancora oggi è oggetto di dibattito. “Fu una gara particolare, l’obiettivo era scendere sotto i 14 minuti quando conclusi non ero soddisfatto’’, ricorda mentre dipinge in un pomeriggio caldo nel suo laboratorio. “In testa andarono Orlando Pizzolato e Loris Pimazzoni, il loro passo era troppo deciso quindi ho preferito fare la mia gara. Certo, ho tirato il gruppo inseguitore sino alla fine e questo mi ha portato a non riuscire a cambiare ritmo ma non ho rimorsi. Ho dato il meglio di me, traendo insegnamenti da ogni gara affrontata’’.

I duelli con Mauro Lenzu, Franco Deriu, i confronti con esponenti di livello mondiale quali Alberto Cova, Stefano Mei, Salvatore Antibo, l’amore viscerale per Milan Kundera, Van Gogh e Joan Mirò: Piero Ligas è artista nella sua accezione più autentica, interprete raffinato di una disciplina che ha amalgamato con l'arte dando vita a una tela unica e riconoscibilissima. “I tempi adesso sono cambiati’’, conclude con una vena di malinconia. “Gli atleti vengono spremuti da piccoli, bruciando le tappe. Bisogna avere pazienza, coltivare il rapporto tra tecnico e allievo. Un givoane deve essere programmato non sfruttato: l’atletica è scxienza antica non business’’.

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