Gianfranco Matteoli da Ovodda, 62 anni, uno degli ultimi veri registi espressi dal calcio italiano: giocatore di gran talento, allenatore, dirigente e talent scout. Autore anche di magnifiche stagioni nel Cagliari ad inizio anni 90, quelle culminate con la doppia sfida in semifinale coppa Uefa con l'Inter. Una vita per il pallone.   

Cosa fa Matteoli oggi? 

“Vivo a Cagliari e continuo a occuparmi del centro sportivo di Palmas Arborea, dove insegno calcio a 170 ragazzi provenienti da tutto il territorio. Siamo gemellati con l'Inter”.   

Ci sono dei giovani interessanti? 

“Certamente. Del resto il calcio sardo ne ha sempre espressi. Bisogna avere occhio, esperienza e tanta passione”.

In linea generale qual è lo stato del calcio isolano?   

“Io direi buono, anche se occorre pazienza. Le scuole calcio devono programmare a lunga scadenza e i risultati prima o poi arrivano”.   

Del resto Matteoli nei tanti anni di settore giovanile nel Cagliari è riuscito ad allevare tanti talenti, Barella in primis.   

“E’ stata una bellissima esperienza. Nicolò Barella sin da ragazzino aveva le stigmate del campione. Lo dissi subito a Cellino e i fatti mi hanno dato ragione. Ma non dimentichiamo gli altri, come Deiola, Murru e Sau. Solo per fare qualche nome”. 

Veniamo alla nota dolente: l'attuale situazione del Cagliari, all'ultimo posto in classifica.     

“Mi dispiace molto. E lo dico senza alcuna polemica nei confronti del presidente Giulini. Il Cagliari come potenzialità non è inferiore a diverse squadre del campionato. Alla squadra, a mio avviso, manca solo la scintilla per accendersi. Ma c'è ancora tempo e i rossoblù hanno tutte le potenzialità per salvarsi. Ho fiducia”.   

Quanto è diverso il calcio attuale rispetto a quello in cui ha giocato Matteoli?   

“Il calcio è sempre stato lo stesso. Ora vanno di moda i numeretti per indicare gli schemi che, a mio parere, non significano nulla. Il calcio lo fanno innanzitutto i giocatori. Ricordo una partita amichevole che facemmo a Como tanti anni fa, in occasione della nostra promozione in Serie A, contro i giocatori della grande Inter di Herrera. A un certo punto mi fermai in mezzo al campo per ammirarli: erano straordinari e sarebbero stati grandi campioni anche adesso”. 

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