Fisico possente, tecnica e tiro micidiale sono le caratteristiche di uno dei centrocampisti sardi più vincenti degli ultimi 30 anni. Giorgio Valluzzi esordisce giovanissimo in Prima Categoria col Cortoghiana dopo essersi messo in mostra nel settore giovanile Orione di Carbonia. A metà degli anni ‘80 indossa la maglia della Fersulcis, prima di passare al suo vero amore: «Mi chiamò il Carbonia appena retrocesso dalla Serie C. Trascorsi due anni entusiasmanti e indimenticabili».

Successivamente si trasferisce alla Tharros, allenata dal grande Angelino Fiori. Alla fine degli anni ‘90 Valluzzi scende di categoria e fa le fortune del Domusnovas che lo ingaggia per vincere: «Per me è stato un anno di transizione. Abbiamo vinto il campionato di Seconda Categoria, l'anno successivo sono passato all’Iglesias dei record con mister Alberto Basciu. Abbiamo vinto il campionato di Eccellenza alla grande». Nel 1996 firma per l’Atletico Sirio di Bernardo Mereu e vince ancora. «Dalla Promozione», racconta ancora, «siamo saliti in Eccellenza ma a fine stagione ho deciso di cambiare aria e firmare per la Fermassenti. L’ultimo anno ho fatto il giocatore-allenatore, poi a 36 anni ho smesso definitivamente giocare per dedicarmi totalmente alla mia principale professione che era quella dell’infermiere».

Valluzzi non ha dubbi: «La squadra a cui mi sento più legato è sicuramente il Carbonia, dove ho avuto compagni di grande spessore come Falessi, Rivetta, Giorgio Melis, Gianluca Congiu, Calcagno e Andrea Marras». Nel 1999 inizia la carriera da allenatore accettando la panchina dell’Antonstefano, per poi proseguire con l’Elmas. Ma è nella capitale della Trexenta che avviene l’apoteosi. «A Senorbì sono stati otto magnifici anni, coronati con la vittoria dei rispettivi campionati di appartenenza prima con il Senorbì poi con la seconda squadra del paese, la Fulgor. Tuttavia, ricordo con piacere anche le esperienze alla guida del Su Planu con cui ho vinto il campionato, del Lotzorai con Roberto Ibba e dell’Iglesias». Con la Fulgor, Valluzzi ha compiuto un vero e proprio miracolo sportivo portando in Prima Categoria una matricola che sognava al massimo una tranquilla salvezza.

Valluzzi non ha un modello di mister al quale ispirarsi: il suo è un calcio fatto di triangoli, movimenti senza palla e sovrapposizioni. «Avevo le mie idee che mi sono fatto da calciatore. Ho avuto la fortuna di avere grandi allenatori e soprattutto grandi uomini faccio, tra questi Ulisse Murgia, Angelino Fiori, Alberto Basciu, Bernardo Mereu, Francolino Mulas, Massimo Corda ed Elvio Salvori, la persona che mi ha insegnato di più. La principale caratteristica che ricerco in un giocatore è il lato umano perché penso che sia un elemento fondamentale». Cinque anni fa Valluzzi abbandona il calcio: «Ho smesso di allenare perché non avevo più stimoli e motivazioni giuste per continuare, poi a 61 anni è giusto lasciare spazio ai giovani. Non penso di allenare più, ogni domenica vado a vedere una partita diversa dei vari campionati dilettanti e mi diverto. Seguo il Pirri dove giocava mio figlio, una gran bella società anche a livello giovanile coordinata da un direttore sportivo preparato come Stefano Siddi e guidata da un allenatore molto bravo e con grande esperienza qual è Paolo Busanca».

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