Con questa prima prova dietro la macchina da presa Valerio Mastandrea confessa di essersi messo in gioco più che mai, nonostante la sua filmografia d'attore annoveri prove intense e difficili, che pochi altri avrebbero saputo superare come lui.

Soggetto del film "Ride", scritto a quattro mani con Enrico Audenino e autoprodotto, è il dramma delle morti sul lavoro, un tema a cui Mastandrea aveva già dedicato il corto "Trevirgolaottantasette", con riferimento ai 3,87 italiani che muoiono ogni giorno sul posto di lavoro.

Lontano dalla retorica e con piglio innovativo, essenziale e intelligente, il neo regista mette in scena un dramma corale, quello della vedova Carolina, che non riesce a esprimere il dolore della perdita, quello del figlio Pietro che spera di vivere un momento di gloria con un'intervista alla tv, del padre della vittima, operaio a sua volta, disincantato e sconfitto, e del fratello rabbioso interpretato da Stefano Dionisi.

Sullo sfondo la provincia romana di Nettuno e la reazione collettiva a una delle tante tragiche fatalità, per qualche ora meritevole dell'attenzione dei media e subito dopo dimenticata, perché, come sottolinea lo stesso regista: "Sono morti più assurde della morte stessa, ma non ci facciamo caso, ci stiamo facendo l'abitudine, come ai bambini che muoiono in Africa".

(Unioneonline/b.m.)
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