"Un Sacco Bello" compie 40 anni. Il fortunato esordio di Carlo Verdone esce al cinema nel 1980 e lo vede rivestire i ruoli di regista, sceneggiatore e attore protagonista. È il suo primo film, Verdone non aveva ancora compiuto neppure trent'anni e dopo le due fortunatissime stagioni di "Non Stop" era riuscito a guadagnarsi la fiducia di un pubblico che aspettava con impazienza il suo esordio.

Sono sei i personaggi che interpreta, tre dei quali non protagonisti. Sergio Leone ha fortemente creduto nel lavoro di Verdone, che è riuscito perfettamente a descrivere con il sorriso un malinconico scorcio di Roma, e con le musiche di Ennio Morricone in sottofondo.

Il film inizia con Enzo, un ragazzone di quasi trent'anni che vive in una stanza piena di poster, immagini trasgressive che raffigurano i suoi miti "supercotonati". Lui è un uomo che ostenta virilità, sempre in tiro, con la camicia aperta, pantaloni aderenti e un'imbottitura artificiale al "pacco" per risultare attraente agli occhi delle ragazze.

SOGNANDO LA POLONIA - Enzo vuole andare in Polonia; in camera sua c'è una cartina enorme appena alla parete. Ha già tracciato il percorso che da Roma lo porterà fino a lì. La sua valigia è piena di dischi, penne e materiale che potrebbe essergli utile per rendere interessante questo viaggio ricco di prospettive e piacere. Sergio è il nome dell'amico che lo accompagnerà in questo lungo viaggio in macchina, l'appuntamento è al palo della morte. Ma le prospettive per questo viaggio di Ferragosto non sono le stesse; Enzo è carico di entusiasmo, aspettative e progetti, Sergio invece no. È timido, non ha la prestanza fisica dell'amico. Sa fare le imitazioni ed è più sensibile e meno concreto. Il viaggio, però, non va in porto perché Sergio inizia a sentirsi male durante il tragitto. Enzo cerca di minimizzare ma non si tratta certamente di ansia e la sua filosofia spicciola de "abbi fede" non risulta essere risolutiva. Sergio si opera di calcolosi biliare. All'incrocio, però, la macchina non parte, viene spinta da un gruppo di hippie che distribuiscono volantini.

I FIGLI DELL'AMORE ETERNO - La prospettiva si sposta, cambiano i personaggi. Ci sono Ruggero, Cristiano e Fiorenza che vivono in una comunità di Città della Pieve. Ruggero incontra casualmente il padre, Mario Brega. La lettera di Ruggero, dopo la morte della madre, aveva delineato un certo tipo di scelta in cui prendeva le distanze dalla sua precedente vita borghese prettamente e già formalmente delineata. Ruggero e Fiorenza salgono in macchina di Brega per un caffè preparato dalla cara Angelicuccia. Un modo per trascorrere un po' di tempo insieme dopo tanti anni di assoluto silenzio. Ruggero rivede la sua casa, la sua batteria e "sempre con sta maledetta violenza in tutto!" che lo fa sentire lontano da certe dinamiche.

Brega organizza una riunione, convoca Don Alfio che si fa trovare in soggiorno e vuole capire che cosa sono "i figli dell'amore eterno", di cui fanno parte i giovani. La descrizione di Ruggero, che si arricchisce sempre di più quando parla di un maestro che gli ha chiesto di essere chiamato "love love love" e che lo ha difeso con "la sua lunghissima spada di fuoco", sconvolge il padre che, ritenuto insoddisfacente l'intervento del prete, chiede l'intervento del Professore e del cugino Anselmo. Lungo la strada, però, stanno per investire Leo, giovane trasteverino che stava tornando a casa con la spesa in mano. Gli cade l'olio. Casualmente, lungo il suo cammino, c’è la giovane e bella Marisol che cerca "l’otello da Juventus!" che sarebbe l'ostello della Gioventù. Leo cerca disperatamente di spiegare dove si trova che sennò "gli parte il pulman per Ladispoli" quindi ha fretta, non può soffermarsi. Ma la giovane non trova posto da nessuna parte: "Nada, nada, nada!".

AMORE FOLLE - Il povero Leo la porta a casa sua, rinunciando al suo tanto amato viaggio per Ladispoli da sua madre. Non ha altra scelta. Una permanenza che doveva essere breve, momentanea, ma che invece si trasforma in qualcosa di più. Diventa il cicerone della bella Marisol, la porta allo zoo a vedere gli animali. Marisol è vulcanica, solare, con gli occhi cristallini che vive di "esperienze" e rappresenta una vera e propria ventata d'aria fresca e novità nella vita del povero Leo, abituato a vivere la sua quotidianità con la madre e il suo lavoro di perito elettronico. Leo per la prima volta decide di abbandonare il grembo materno, andando contro i suoi principi e la sua quotidianità, non andando a Ladispoli e ospitando Marisol. In lui qualcosa è cambiato, definitivamente. Decide quindi di preparare una bella cenetta per la sua bella ospite, in balcone: buon vino, pasta col tonno e uno scorcio di Roma sullo sfondo. Marisol, elegantissima, si prepara ad essere la principessa della serata. Leo la riempie di attenzioni, sorprese e per l'occasione stappa una bella bottiglia di "vino tinto" della madre, per le grandi occasioni. Il vino disinibisce, la musica accende i sensi e gli sguardi tra Leo e Marisol si trasformano in un preambolo di passione tutto da scoprire. Parte un bacio denso di passione che improvvisamente viene interrotto dal citofono. L’ex fidanzato di Marisol. Volano schiaffi tra quest’uomo sconosciuto e la donna, parole che il povero Leo non capisce ed è costretto ad interpretare in assoluto silenzio. Improvvisamente vede violenza e affetto, rabbia e carezze. Non capisce. Gli crolla il mondo addosso. Non è più lui il protagonista di quella serata, di quella passione, di quella cena. Diventa improvvisamente l'ospite indesiderato a casa sua. Scende a prendere il succo di pompelmo per quell'uomo e al suo ritorno li sente amoreggiare in camera di sua madre. Povero Leo!

SORRISO AMARO - "Un Sacco Bello" è un film sincero e puro che, dopo 40 anni, riesce ancora a toccare profondamente il cuore degli italiani perché racconta uno spaccato di una Roma che non esiste più, di un'Italia che non esiste più. Storie diverse ma accomunate da un filo conduttore unico, la solitudine. C'è la sincerità di Leo che rimane deluso da un amore troppo maturo, troppo vulcanico e troppo estremo per lui. C'è il rapporto conflittuale tra padre e figli che emerge nei dialoghi tra Brega e Ruggero, un'incomprensione latente che si conclude con "tuo figlio è quello che è Mario". Poi c'è la costante ricerca di trasgressione che traspare nella vita di Enzo, coatto pieno di brillantina e collane ma con l'agenda vuota di numeri e amici. Storie diverse, vite apparentemente distanti tra di loro ma accomunate da un profondo senso di solitudine che viene mascherato da un sorriso amaro.

Angelo Barraco
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