La star hollywoodiana Tom Hanks - che da anni valorizza il panorama cinematografico con le sue sensazionali interpretazioni in titoli che per buona parte hanno segnato la nostra epoca, nonché fra i pochissimi a vantare ben due Premi Oscar nella categoria “Miglior attore protagonista”, conseguiti con “Philadelphia” e “Forrest Gump” - ci svela quali sono le pellicole che più di tutte lo hanno formato nel corso della carriera, lasciandoci cogliere una sua spiccata propensione per il cinema anni 60. 

Nel video realizzato per il profilo Twitter di Letterbox, l’attore viene interpellato mentre si mostra sul red carpet per l’anteprima di “Asteroid City”, ultimo film del regista texano Wes Anderson e prima esperienza di collaborazione fra Hanks e il cineasta. 

Alla domanda su quali fossero i suoi film preferiti, dopo una prima esitazione, l’attore ha innanzitutto spiegato quanto siano cambiati i suoi gusti da quando aveva solo dieci anni ed ha poi cominciato a stilare una lista con a capo il classico di Stanley Kubrick “2001: Odissea nello spazio”. Un pezzo di storia del cinema che, a detta dello stesso attore: "guardo ancora un paio di volte all'anno".

Poco dopo ha aggiunto alla sua classifica personale “I migliori anni della nostra vita” del 1946, “A Hard day’s Night - tutti per uno” del 1964 e “Un uomo da marciapiede” del 1969. 

Da ricordare che, in una precedente intervista, la star avrebbe anche svelato quali sono le interpretazioni di cui si sente meno fiero: durante una conversazione pubblicata sul “The New Yorker Live” si sarebbe infatti aperto per la prima volta sul lato oscuro del suo trascorso professionale, rivelando perfino di odiare alcuni dei suoi stessi film.  

Qui gli sentiamo dire: «Ok, ammettiamolo: tutti abbiamo visto film che odiamo. Beh, io sono in alcuni film che odio. Ci sono cinque punti del Rubicone che vengono attraversati da chiunque faccia un film: il primo che attraversi è dire sì al film. Il tuo destino è segnato, sarai in quel film. Il secondo è quando vedi effettivamente il film che hai fatto. Ci sono due possibilità: era il film che volevi fare oppure è l'esatto contrario». 

Ha poi continuato: «Questo non ha nulla a che fare con il terzo Rubicone, ossia la reazione della critica ad esso, che è una versione della voce del popolo. Qualcuno dirà: lo odio. Altre persone diranno: penso che sia brillante. Nel mezzo, di solito, c'è la verità. Il quarto Rubicone da attraversare è la performance commerciale del film, perché se non fa soldi la tua carriera sarà finita prima di quanto vorresti, questo è un dato di fatto. Il quinto Rubicone è il tempo: dove finisce quel film vent'anni dopo che l'hai fatto? Cosa succede quando le persone lo guardano per caso? Un grande esempio di ciò è “La vita è meravigliosa”, realizzato nel 1946 e scomparso per più di venti anni. All'epoca non era nemmeno considerato un successo commerciale ma alcune persone l'hanno apprezzato ed è stato nominato per il miglior film. A me è successo con un film che ho scritto e diretto, chiamato “Music Grafitti”; l'ho amato ma non ha avuto un grande successo. Oggi, le stesse riviste che inizialmente l'hanno ignorato lo chiamano il cult di Tom Hanks. Ora è un classico. Qual è la differenza? La risposta è il tempo».

Affermazioni da cui traspare tutta l’esperienza di un grande che ha fatto scuola, capaci di chiarire - anche ai meno avvezzi - i sottili equilibri dietro la realizzazione un prodotto cinematografico, con criticità in ballo che spesso non possiamo neppure immaginare. 

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