“The Ugly Stepsister”: il body horror rivelazione sul lato corrotto della bellezza
Nel film la denuncia della corsa ossessiva all’aspetto estetico, dove i moderni filtri e i ritocchi grafici sono rappresentati metaforicamente dagli interventi di chirurgiaPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Dopo aver scioccato il pubblico in sala durante l’anteprima al Sundance Film Festival, il trasgressivo “The Ugly Stepsister”, debutto alla regia della norvegese Emilie Blichfeldt, è ancora fresco d’uscita nelle sale italiane e internazionali, sgomitando tra la concorrenza per conquistarsi il titolo di horror più interessante della stagione.
Riproponendo in chiave provocatoria la favola di “Cenerentola”, la trama si svolge in una città mitteleuropea del 1800, osservando stavolta il punto di vista di Elvira: sorellastra di Cenerentola che, secondo i parametri di bellezza dell’epoca, è ritenuta dalla comunità di aspetto non del tutto gradevole. Afflitta da profonde insicurezze ma ancora speranzosa per l’avvenire, la giovane accetta di sposare, dietro consiglio di sua madre Rebekka, l’affascinante principe Julian, scongiurando così i problemi finanziari e assicurandosi una stabilità per gli anni a venire. Per prepararsi a dovere in vista del matrimonio, tuttavia, dovrà sottoporsi a una serie di interventi estetici estremi, e il confronto assillante con l’aspetto incantevole di Agnes - la Cenerentola del racconto originale - non farà che esacerbare ulteriormente la situazione.
Già poco dopo la presentazione svoltasi a Toronto a inizio anno, ha fatto scalpore la notizia dei vari episodi di nausea e vomito verificatisi tra i presenti, come testimoniato anche da un giornalista di Variety, che ha scritto: “Uno spettatore si è sporto nel corridoio e ha vomitato”. Sulla stessa linea, un critico di Screen Rant ha commentato: “L'ambientazione da favola del film rende i suoi momenti di body horror ancora più viscerali e disgustosi. Una scena alla fine del film è davvero disgustosa, quindi non mi sorprende che qualcuno abbia vomitato durante la première”.
Ma aldilà della sua orripilante confezione, la stampa concorda sul fatto che “The Ugly Stepsister” riproponga brillantemente l’opera originale come specchio dell’epoca che stiamo attraversando, mostrandone tutte le intrinseche contraddizioni e degenerazioni. Dai criteri irrealistici di perfezione, messi a confronto con lo stereotipo del principe azzurro e della vita sognata a castello, emergono le disfunzionalità di una corsa ossessiva all’aspetto estetico, dove i moderni filtri e i ritocchi grafici sono rappresentati metaforicamente dagli interventi di chirurgia: strumenti più simili a torture che a mezzi di miglioramento, capaci di deturpare il corpo al punto da renderlo irriconoscibile.
Intervistata da Variety per approfondire la nascita e lo sviluppo del film, la Blichfeldt ha rivelato il passo della fiaba originale dei Fratelli Grimm che più di tutti le è servito da ispirazione: “Mi sono immediatamente identificata con Elvira dopo aver riscoperto la versione di Cenerentola dei fratelli Grimm in cui la sorellastra si taglia le dita dei piedi per far entrare la scarpetta. Con questo orrore della bellezza a tutti i costi voglio sedurre il pubblico narrando la favola di una ragazza che sogna di sposare il principe, prima di rivelarne la vera e cruda realtà. È ora che la storia della sorellastra brutta esca dall'ombra di Cenerentola per mostrarne la vera natura di narrazione femminista contro la tirannia della bellezza”.
In un’intervista rilasciata lo scorso marzo, la regista ha compiuto un curioso ma calzante parallelismo tra le sorellastre e il mondo femminile odierno: “La maggior parte di noi finisce come le sorellastre: ci tagliamo le dita dei piedi pur di entrare nella scarpa. Mi affascinano le donne che vivono un rapporto conflittuale con la propria immagine, che cercano disperatamente di aderire a un ideale di femminilità”.
Tuttavia, scongiurando la gratuità delle scene più truculente e mostrando al contrario una certa sensibilità nei confronti di chi subisce una simile deformazione del proprio corpo, ha chiarito: “Volevo che la gente provasse empatia, o almeno comprensione, per chi arriva a mutilarsi pur di adattarsi. È una metafora di ciò che facciamo al nostro corpo e alla nostra mente per sentirci accettate. Non volevo sangue gratuito. Gli effetti pratici dovevano veicolare idee e simboli, non servire solo a scioccare”.
Sui contenuti disturbanti di alcune scene e sul significato preciso che intendono trasmettere, ha aggiunto: “Penso a tutte queste giovani donne che arrivano a rischiare la morte per migliorare il proprio aspetto. Non è uno scherzo. È folle. Ma anche il concetto in sé. Penso anche che ora, forse più di prima, sia tutto una questione di avere l'immagine giusta. Essere pronti per quel selfie. Molti di questi influencer, che sembrano belli su internet, nella vita reale sembrano dei pazzi. Questo, per me, è davvero inquietante”.
