Possiamo dirlo senza riserve: l’edizione di quest’anno della Mostra del Cinema di Venezia non è certo stata avara di sorprese. Tra i tanti esempi, a darne dimostrazione è stata anche la sorprendente prova artistica di Dwayne Johnson, star holliwoodiana formatasi anni fa nel mondo professionistico del wrestling e da tempo ormai interprete irrinunciabile di molti dei blockbuster americani di maggior successo.

Nell’acclamato “The Smashing Machine” - pellicola diretta da Ben Safdie e attesa nelle sale italiane il prossimo 18 novembre - Johnson ha mostrato una trasformazione non soltanto fisica, ma anche e soprattutto emotiva, con una profondità e un’intensità che molti, considerato il tenore delle sue precedenti apparizioni cinematografiche, non si sarebbero certamente aspettati.

Il film affronta la storia vera di Mark Kerr, celebre lottatore dell’Ultimate Fighting Championship (UFC) ed esperto di arti marziali miste. In un percorso di vita segnato dai successi sul ring e da gravi difficoltà personali, vediamo la fama e la vittoria messe in contrasto coi problemi sentimentali e con la dipendenza dagli antidolorifici. Un’operazione, pertanto, che pone grande attenzione alla dimensione introspettiva del campione, evidenziando la dicotomia tra la sua forza fisica e la sua latente fragilità.

Al termine della prima proiezione pubblica, Johnson non ha trattenuto le lacrime dopo aver assistito alla standing ovation di oltre 15 minuti da parte degli spettatori. È stato senza dubbio uno dei momenti più toccanti del festival, con uno degli applausi più lunghi e calorosi rivolti a un film in concorso. L’emozione manifestata dalla star è riconducibile non soltanto all’impegno investito sul set e alla soddisfazione per il gradimento del pubblico, ma anche - e soprattutto - al fatto di aver finalmente rivelato una sensibilità artistica che a Hollywood gli era stata finora preclusa.

Durante la conferenza stampa coi giornalisti, seduto accanto al regista Ben Safdie e alla co-protagonista Emily Blunt, Johnson ha condiviso alcune riflessioni: «Avevo questo desiderio ardente e questa voce che mi diceva: beh, ancora una volta, e se fosse possibile? Ma se ci fosse qualcosa di più e se fossi in grado di farlo? E molte volte è più difficile per noi, o almeno per me, sapere di cosa sei capace quando sei stato etichettato in un solo ruolo».

Descrivendo nello specifico il mondo dello Star System e le sue evidenti contraddizioni, ha aggiunto: «Quando sei a Hollywood, come tutti sappiamo, tutto ruota intorno al botteghino e tu insegui il botteghino. E il botteghino nel nostro settore, come sappiamo, è molto importante e può essere molto assordante, può spingerti in una categoria e metterti all'angolo. E ti senti dire: questa è la tua strada; e Questo è quello che fai; e Questo è quello che la gente vuole che tu sia; e Questo è quello che Hollywood vuole che tu sia».

Un contributo fondamentale alla riuscita del film è venuto anche dall’intesa scenica con Emily Blunt, su cui Johnson ha voluto soffermarsi: «Il film è una storia d'amore, tra Mark e Dawn. L'amore tra Mark e i suoi obiettivi. Prova a superare le sfide. Mi sono trasformato, era quello che volevo. Ho avuto una grande carriera, ma dentro di me sentivo di volere anche altro. E poi c'era Emily. Un'amica fin da quando abbiamo lavorato in Jungle Cruise. Mi ha detto: nel film puoi mettere tutto quello che hai vissuto. Mi ha incoraggiato, le voglio bene».

Sul desiderio di interpretare finalmente un ruolo che lo collocasse tra i grandi interpreti del cinema, ha rivelato: «Desideravo interpretare un film così. Quando sei a Hollywood, come tutti sappiamo, tutto ruota intorno al botteghino. Il box office è molto rumoroso e può sembrare allettante, ti mette in una categoria e ti mette in un angolo. Rappresenta quello che la gente vuole che tu faccia. Quello che Hollywood vuole che tu faccia. Ho fatto tanti film di successo che mi sono piaciuti. Erano divertenti, altri meno. Ma cercavo qualcosa in più».

E sulla volontà di inseguire i propri obiettivi personali senza condizionamenti esterni ha concluso: «Qualche anno fa mi sono chiesto: "Sto vivendo il mio sogno o quello degli altri?". Ero spaventato, ma questo film mi ha mostrato che c'è forza nella vulnerabilità. Ora vivrò i miei sogni e farò quello che voglio fare. Attingerò a ciò che voglio attingere. Ho un posto dove posso mettere il mio passato, e che ho evitato per paura di andare in profondità».

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