Sara Marini, un ponte tra Sardegna e Umbria
Con "Torrendeadomo" è entrata nella cinquina del Premio TencoSa domo è Bosa, la Sardegna. Perché anche se Sara Marini vive a Gubbio (la madre è umbra) qui nell'Isola sono nati il padre e i parenti paterni.
Compresa la zia Nicolina che scrive i testi di alcune sue canzoni, dando continuità a quella passione nata da bambina grazie alla nonna, che la portava in giro ad ascoltare il folk sardo. E non a caso il lavoro che l'ha portata nella cinquina finalista del Premio Tenco nella categoria album in dialetto si intitola "Torrendeadomo".
La cantante sardo-umbra spiega: "Nasce da un'idea elaborata nel tempo, volevo riscoprirmi attraverso le mie radici in Sardegna e Umbria. La Sardegna è circondata dal mare, dà una sensazione di infinito e anche di apertura all'ignoto; l'Umbria invece la vedo come un'isola circondata dai monti".
Dodici brani che pescano nella canzone popolare ed etnica, percorrendo il vasto sentiero imboccato ormai da una decina d'anni, dopo l'incontro con la cantautrice eugubina Claudia Fofi. Il respiro sonoro è quello della world music. I testi sono tradotti anche in inglese, e quelli in sardo o eugubino hanno pure la traduzione italiana. Avrebbe dovuto presentare "Torrendeadomo" a Bosa, Cagliari e Sassari: "Ma è saltato tutto per il Covid-19, spero di recuperare a settembre".
Come ha trovato un punto di incontro musicale tra Sardegna e Umbria?
"I ritmi e i colori sono quelli delle due terre, ma filtrati dalla mia emozione. Il sound è molto omogeneo, non ho utilizzato strumenti peculiari delle due regioni, ma strumenti della tradizione popolare più vasta: chitarre, mandolini, organetto, percussioni etniche. C'è persino il buttafuoco, uno strumento medievale".
C'è anche il brano finalista al Premio Parodi 2013, come mai?
"Proprio perché 'Una rundine in sas aeras' parla di emigrazione e di appartenenza. Il testo è scritto insieme a mia zia Nicolina. Del Premio Parodi ho un bel ricordo, anche perché quell'anno ero l'unica in gara che cantava in sardo".
E gli altri pezzi in sardo?
"C'è 'Pitzinna deo' che è la rielaborazione in sardo di un testo popolare spagnolo. 'Bentu lentu' scritto da mia zia Nicolina e musicato da me racconta gli affanni di una mamma nel crescere la figlia in un mondo dove la vita ti cua su velenu po ti trampare, ti sputa veleno per farti inciampare. 'Pregadoria' è la rielaborazione di una preghiera tradizionale sarda".
Tra le esperienze cita sempre quelle con Elena Ledda e Simonetta Soro.
"Ho studiato 4 anni nei seminari-laboratori di 'Mare e Miniere'. Un'esperienza grandiosa con personaggi importanti per cercare di prendere tutto quello che mi serviva per attivarmi a fare qualcosa da sola. Elena Ledda è stata davvero importante per il mio percorso artistico".