A fronte di un successo che ha surclassato ogni record su Raiplay, la serie televisiva italiana “Mare Fuori” prodotta da Rai Fiction e Picomedia si appresta ad imporsi come uno dei più grandi fenomeni della tv italiana degli ultimi anni. 

Ideata da Cristiana Farina, ha debuttato con la prima stagione su Rai 2 il 23 settembre 2020. Ma per la terza stagione i piani son stati diversi: si è pensato innanzitutto di lanciare gli episodi sulla piattaforma streaming Raiplay e successivamente di renderli disponibili alla visione anche sul canale televisivo, a partire dallo scorso 15 febbraio.

Con un’anteprima on demand il 13 febbraio che ha battuto ogni record previsto, registrando circa 12 milioni di ascolti, è giunto il momento di interrogarsi su quali siano i fattori vincenti che hanno determinato un’accoglienza di pubblico tanto accalorata.

Già solo la sigla, scritta da Stefano Lentini, Lolloflow e Raiz e cantata da Icaro, - nome d’arte di Matteo Paolillo, nella serie interprete di Edoardo  - è presto diventata un vero e proprio tormentone, spopolando a ritmo incontrollato su tutti i social. I motivi risiedono probabilmente nell’incisività del dialetto partenopeo e nel contenuto del testo, diretto nei suoi riferimenti alla vita smarrita dei ragazzi di strada e al bisogno di sognare un futuro che sia diverso. 

I personaggi caratterizzano in modo distintivo tutta la produzione: da Filippo Ferrari, aristocratico milanese arrestato per la morte accidentale di uno dei suoi amici, a Carmine Di Salvo, che cerca di affrancarsi dai condizionamenti di una famiglia legata alla malavita, alla direttrice dell’istituto Paola Vinci, incrollabile nel suo temperamento ferreo eppure animata da una grande umanità. Grazie anche all’incrocio tra gli avvenimenti presenti e i vari flashback sarà possibile addentrarsi più a fondo nelle sotto trame e vicissitudini di ciascuno, consentendogli di emergere in tutta la loro profondità e conflittualità interiore. 

Da non sottovalutare quanto molti attori che prendono parte alla serie, oltre ad essere giovanissimi, siano stati lanciati sul panorama televisivo proprio grazie ad essa. Possiamo dunque constatare anche il grado di maturazione espressiva che hanno accresciuto nel corso delle stagioni. Lo si nota soprattutto nella terza, che va premiata per il valore tecnico ed emotivo di alcune performance, certe volte da lasciare davvero sorpresi. 

Ma fra tutti, il motivo che spinge maggiormente gli spettatori alla visione è il peso dei temi trattati. Sebbene essi non siano affatto estranei al mondo della serialità o del cinema - e anzi, sono stati spesso abusati in tali contesti - qui a fare la differenza è la modalità di narrazione, che senza in alcun modo addolcire la pillola sensibilizza i giovani su determinati contenuti. Si trattano con scelte assolutamente innovative argomenti come le condizioni delle carceri minorili, la criminalità organizzata ma anche la necessità del riscatto, del perdono, e l’urgenza di una rinnovata libertà. Tutti spunti di riflessione veicolati con soluzioni originali, senza perdere il loro peso e la loro credibilità. 

E dunque, la mossa vincente per eccellenza di “Mare Fuori” è forse quella di aver scelto un racconto di prigionia che trova immediato riscontro da parte degli adolescenti, i quali inevitabilmente si immedesimano coi vari interpreti pur mantenendo una netta e comprensibile distanza.

Non solo il fatto di poter indagare più approfonditamente - grazie alle già menzionate scelte narrative - sulle situazioni personali e le difficoltà che ognuno è chiamato ad affrontare, ma soprattutto il fatto di poter sviluppare grazie a ciò un’empatia autentica, che li avvicina a noi. Così, il condizionamento concreto delle mura carcerarie per la vita dei detenuti diviene, soprattutto con l’ultima stagione,  una sorta di gabbia interiore che i personaggi riconoscono in loro stessi. Un disagio che, pertanto, non si può non condividere e che fruendo la serie si riesce in qualche modo a mitigare. 

Giovanni Scanu

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