Un attore popolare come Leonardo DiCaprio non ha certo bisogno di grandi presentazioni. Attivo sul grande schermo dai primi anni ‘90, vincitore di innumerevoli premi tra cui l’Oscar come miglior attore per “The Revenant” nel 2016 e protagonista di collaborazioni storiche con cineasti del calibro di James Cameron, Christopher Nolan, Clint Eastwood, Quentin Tarantino e - ovviamente - Martin Scorsese, il divo hollywoodiano ha costruito negli anni un’immagine pubblica capace di alternare al profilo del sex symbol - e inguaribile sciupafemmine - quello dell’attivista impegnato nelle campagne di sensibilizzazione sulla biodiversità e sul cambiamento climatico.

D recente è tornato a far parlare di sé dopo aver acquistato, per la somma di venti milioni di dollari, l’isola di Guafo, in Cile, con l’obiettivo di preservarne l’ecosistema dalle minacce dello sfruttamento e dalla deforestazione, dovuti alle estrazioni minerarie e ad altre attività industriali potenzialmente deleterie. L’investimento è stato effettuato dalla fondazione ambientalista Re:wild, co-fondata dallo stesso DiCaprio, con l’intento di trasformare l’area in un parco nazionale da donare al governo cileno, così da garantirne la conservazione a lungo termine.

Per l’occasione, la star ha condiviso sul proprio profilo Instagram il seguente messaggio: “L'isola di Guafo è un luogo di importanza cruciale per la biodiversità globale e per la salute del nostro pianeta. Proteggerla significa salvaguardare le specie che la abitano e preservare questo straordinario ecosistema per le generazioni future”.

Pronto a tornare al cinema con “Una battaglia dopo l’altra”, diretto dal maestro Paul Thomas Anderson e atteso nelle sale il prossimo 25 settembre, DiCaprio è stato recentemente intervistato insieme al regista da Esquire in occasione dell’uscita del film, rivelando anche alcuni dettagli della carriera rimasti a lungo inediti. Ricordando il suo più grande rimpianto, l’attore ha ammesso di pensare ancora oggi con dispiacere al fatto di aver rifiutato una parte in “Boogie Nights”, considerato un autentico cult e uno dei film più riusciti di Anderson. Rivolgendosi direttamente al director, ha dichiarato: “È buffo che me lo chieda proprio tu. Il mio più grande rimpianto è non aver fatto Boogie Nights. È stato un film profondo per la mia generazione. Non riesco a immaginare nessuno tranne Mark Wahlberg nel cast. Quando finalmente sono riuscito a vederlo, ho pensato che fosse un capolavoro”.

Col sollievo di chi, finalmente, realizza il sogno di collaborare con un cineasta per cui nutre grande stima, ha aggiunto: “So che Una battaglia dopo l'altra era sulla tua scrivania da molto tempo. Per te era una storia personale sotto molti aspetti e sicuramente legata al mondo in cui viviamo oggi. Ma in definitiva, voler fare questo film è stato piuttosto semplice: desideravo lavorare con te, Paul, da circa vent'anni, e mi piaceva l'idea di un rivoluzionario fallito che cerca di cancellare il suo passato, sparire e provare a vivere una vita normale crescendo sua figlia”.

Nella stessa occasione, DiCaprio ha voluto ricordare la figura di Adam Somner, storico primo assistente alla regia scomparso nel 2024 e divenuto in breve tempo un punto di riferimento a Hollywood: “Non c'era nessuno come lui. Spingeva sempre al massimo per far funzionare ogni dettaglio, ed era magico vederlo in azione”.

Riflettendo inoltre sulla possibilità di cimentarsi per la prima volta in un progetto dietro la cinepresa, l’attore ha richiamato le esperienze vissute al fianco dei migliori registi, per poi ammettere che, molto semplicemente, si tratterebbe per lui di un compito troppo faticoso: “Mi ha permesso di osservare te o qualcuno come Marty mentre gestivate reparti, decisioni creative e domande di ogni tipo. Ho capito che non è qualcosa che desidero fare. Io passo ore a pensare a come pronunciare una battuta. Se dovessi dirigere, finirei per perdermi in troppe responsabilità”.

Svelando infine quale, tra i tanti titoli a cui ha preso parte, conserva ancora il piacere di rivedere, “The Aviator” di Scorsese occupa un posto speciale. Spiegando che, da quel momento in poi, la sua carriera ha compiuto un balzo significativo, la star ha sottolineato d’essersi sentita, per la prima volta, parte integrante del processo creativo e non un semplice interprete al servizio del regista. La partecipazione attiva alla produzione e lo studio appassionato del personaggio di Howard Hughes hanno certamente contribuito all’ottima accoglienza del film, che all’edizione degli Oscar 2005 ricevette ben undici nomination, tra cui quella per miglior attore protagonista e miglior regia. Un risultato che, di certo, non si dimentica facilmente e che spiega appieno il legame speciale dell’attore con la pellicola.

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