A Nuraminis se lo ricordano bene: «Ho giocato a morra con il più forte del paese e ho vinto io. Sono diventato un eroe». Paletta, bassista e fondatore dei Punkreas è un fiume in piena mentre racconta aneddoti e curiosità delle sue tappe in Sardegna in attesa di tornare «e non vediamo l’ora, siamo troppi elettrizzati. Suonare nell’Isola è diverso, è più bello e pazienza se veniamo a dicembre e non in estate. Mi ricordo quando ho ballato con le donne di Ortueri o quel festival Il Tora Tora, con i Subsonica a Cagliar».

L’appuntamento è per venerdì 2 dicembre, unica data sarda, al Cueva Rock di Quartucciu per celebrare i trent’anni e più di questa band di musica punk e pura energia che continua a infiammare le platee dopo il “XXX e …. Qualcosa Summer tour”. D’altronde lo avevano detto che non si sarebbero fermati e che avrebbero ripreso i festeggiamenti da dove li avevano interrotti. E adesso sono pronti a portare sul palco tutta la loro incredibile energia.

Ci dica Paletta, 32 anni vissuti pericolosamente?

«Direi più che altro vissuti intensamente, questo sì. Con tutta la nostra energia».

Chi è il pubblico che viene a vedervi oggi?

«Nelle file davanti ci sono gli adolescenti figli di quelli che stanno tre file dietro, e al centro c’è la terra di mezzo, i trentenni. Siamo molto contenti di vedere tanti giovani e super giovani».

Facciamo un passo indietro. Come nascono i Punkreas nel 1989?

«Io e il cantante andavamo a scuola insieme, andavamo a vedere concerti e abbiamo pensato di creare un gruppetto. Gli amici ci hanno sostenuto e il resto è storia».

Il primo concerto se lo ricorda?

«Come no? In una biblioteca a Rescaldina, era un concorso canoro in cui arrivammo ultimissimi. C’erano tanti cantautori, poi salimmo sul palco noi, la gente era un po’ spaventata anche perché ci portammo dietro 400 amici che pogavano».

È incredibile come i vostri testi, pensiamo a “Voglio Armarmi” e “Sfratto”, siano ancora così tristemente attuali.

«Dovremmo esserne orgogliosi ma è stata una sconfitta per la società. I problemi, guardiamo lo sfratto, sono sempre gli stessi».

Oggi c’è più rap che punk, cosa ne pensa?

«Mi ricordo una volta in Sardegna che cantavano “Buffausu sa birra” al ritmo di “Applausi per Fibra”. Non è un genere che mi appartiene, ogni tanto salta fuori qualcosa. Il rap era nato in una bella maniera, penso ad esempio ai 99 Posse, poi con l’avvento dei talent si è creato un calderone gigantesco e vengono fuori cose aberranti, che non lanciano alcun messaggio».

E Fedez con voi che ci azzecca?

«Anni fa aveva detto che gli sarebbe piaciuto fare un disco con noi. Ricordo che ero andato a prenderlo alla stazione, mi aspettava con una busta con cinque birre. Poi siamo andati in studio ed è nato un brano. Una persona disponibile, mi ha colpito l’umiltà».

Il nuovo album?

«Finito il tour, inizieremo a registrare. Contiamo di uscire a primavera così in Sardegna torniamo anche d’estate».

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