La Svezia vince la 67esima edizione dell'Eurovision Song Contest, come ampiamente preannunciato. 

Anche se la sua egregia rappresentante, Loreen con il brano Tatoo (già vincitrice dell’Esc nel 2012), solidamente in testa alla classifica delle giurie nazionali, se l’è vista brutta al televoto, con la Finlandia (Käärijä e il brano Cha Cha Cha) che ha sbancato.

Ma alla fine la 39enne svedese ce l’ha fatta, diventando la prima donna e la seconda artista (dopo Johnny Logan negli anni Ottanta) a vincere per la seconda volta nell’evento non sportivo più visto al mondo, quest’anno condotto dall’attrice di Ted Lasso e Sex Education Hannah Waddingham, dalle cantanti inglese Alesha Dixon e ucraina Julija Sanina e dall’irlandese Graham Norton, storico commentatore tv per il Regno Unito.

Al terzo posto Israele con Noa Kirel e Unicorn. Il nostro Marco Mengoni ha conquistato il quarto posto, tre più su di quando partecipò per la prima volta nel 2013 con L’essenziale. Ma è stato comunque protagonista della serata.

Non solo ha emozionato i 12mila della Liverpool Arena con la sua esibizione intensa e potente di Due Vite, il brano con cui ha vinto il festival di Sanremo, ma ha portato a casa il Marcel Bezençon Composer Award per la miglior composizione assegnato dai compositori dei brani in concorso. 

Mengoni sul palco (Ansa)
Mengoni sul palco (Ansa)
Mengoni sul palco (Ansa)

LA BANDIERA – Il 34enne di Ronciglione ha voluto portare sul palco anche la bandiera Lgbtqi disegnata dal graphic designer Daniel Quasar per rendere la celebre Rainbow Flag ancora più inclusiva.

Cinque colori in più, il bianco, il rosa, l'azzurro, il marrone e il nero, posizionati a lato. Le nuove strisce colorate sono dedicate alla comunità di colore, a quella transgender, ai malati di Hiv e a chi è morto per portare avanti la battaglia dei diritti.

Mahmood all'Eurovision (Ansa)
Mahmood all'Eurovision (Ansa)
Mahmood all'Eurovision (Ansa)

MAHMOOD – Brividi anche per Mahmood, ospite del medley finale delle glorie dell’Esc nell’omaggio a Liverpool, città dei Beatles, con una onirica Imagine, il grande classico di John Lennon.

L'artista originario di Orosei, alla sua terza presenza all'Eurovision dopo aver rappresentato l'Italia a Tel Aviv 2019 arrivando secondo con Soldi e a Torino lo scorso anno insieme a Blanco con un sesto posto con Brividi, è stato il primo italiano ad essere invitato come ospite fuori concorso in un'edizione all'estero.

L’UCRAINA – Il fil rouge per tutta la serata finale è stata naturalmente l’Ucraina che, dopo la vittoria lo scorso anno a Torino della Kalusch Orchestra, avrebbe dovuto ospitare la manifestazione. Ma la situazione attuale del Paese, ancora in guerra, non lo ha permesso.

E così, in un ideale collegamento tra Kiev e Liverpool, scelta come sede alternativa della manifestazione, proprio la Kalush Orchestra, portavoce del dramma ucraino, ha aperto la finale con Stefania, il brano che un anno fa li portò alla vittoria, e con un filmato al quale hanno partecipato artisti britannici del calibro di Andrew Lloyd Webber e Joss Stone. Cameo anche della principessa del Galles Kate Middleton al pianoforte.

A sostegno dell'Ucraina anche la Repubblica Ceca con le Vesna, con il brano My sister's crown, inno femminista che invita a non arrendersi mai, ma anche brano a sfondo politico con un messaggio umanitario di sostegno alla popolazione ucraina, sottolineato dal ritornello cantato in ucraino. Anche i croati Let3 dicono no alle dittature e alla guerra rimanendo in mutande e con finti missili sul palco. 

(Unioneonline/D)

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