Al momento, pare proprio che la gran parte dell’attenzione mediatica per le nuove uscite al cinema sia rivolta principalmente intorno all’ultimo film del regista americano Martin Scorsese, meglio noto come “Killers of the Flower Moon”. La mente dietro capolavori senza tempo come “Toro scatenato”, “Taxi Driver” e “Goodfellas” è tornata sul set per raccontare - col suo solito stile fatto di eccessi visivi e prodezze registiche - l’America degli anni ‘20 in una veste del tutto inedita, che lega le storie della Nazione Osage alle vicende di Ernest Burkhart e del latifondista William K. Hale, coinvolti in una lunga serie di violenti omicidi perpetrati a danno della comunità di nativi americani. 

E dopo il suo debutto nelle sale riprendono a circolare voci legate ai retroscena durante le riprese e si susseguono i primi commenti a caldo, scatenando polveroni che non passano del tutto indifferenti. 

A quanto pare, dopo aver condiviso alcune esperienze professionali per più di tre decenni, sembra proprio che i protagonisti Robert De Niro e Leonardo Di Caprio non si sopportino più. A confermarlo è stato lo stesso Scorsese durante un’intervista concessa al Wall Street Journal per la presentazione del film; qualcosa stavolta pare non essere andata per il verso giusto, tanto che le “manie di perfezionismo” di cui avrebbe fatto bella mostra Di Caprio avrebbero irritato a tal punto De Niro da richiedere l’intervento del regista. 

Nello specifico dei malumori sorti, il director ha dichiarato quanto segue: «È stata un'esperienza lunghissima, proprio senza fine. Ad un certo punto, De Niro ha smesso persino di parlare, io e Bob ci siamo scambiati uno sguardo, alzando gli occhi al cielo. Dopo due anni che avevo lavorato alla trama, Leo è venuto da me e mi ha chiesto dove fosse il cuore della storia. Io avevo passato serate con gli Osage e ho pensato: beh, la storia c'è».

Interessante notare che nei piani iniziali Di Caprio avrebbe dovuto interpretare il ruolo dell’agente FBI Tom White, ma sicuro di poter compiere una prova convincente nei panni del villain ha convinto in seguito Scorsese a scritturarlo per il personaggio di Burkhart. 

Nel frattempo, alcuni spettatori hanno già espresso il proprio dissenso sui social per la performance di Brendan Fraser - attore canadese premiato per “The Whale” all’ultima edizione degli Oscar come miglior attore protagonista - nel ruolo dell’avvocato difensore di William Hale. I commenti al vetriolo si sarebbero sprecati al punto che taluni avrebbero perfino suggerito di tagliare le scene in cui compare l’attore. 

Nel film Fraser lo vediamo recitare solo in alcuni brevi momenti, fra i quali assistiamo anche ad una rabbiosa dichiarazione in aula enfatizzata da un marcato accento del sud. Ma la scelta di una così forte caratterizzazione, che a quanto pare non ha convinto alcuni, non è tanto diversa da quella di molti altri personaggi controversi che compaiono in altri titoli del regista.  

Sul social X c’è chi l’ha paragonato all’uomo dello spot della Kool-Aid - celebre bevanda americana - chi si rivolge direttamente alla montatrice Thelma Schoonmaker per convincerla a rimuoverlo dalla pellicola e chi - come se non bastasse - spera che l’Academy si riappropri dell’Oscar conferitogli per consegnarlo invece a Colin Farrel, che ha gareggiato nella stessa categoria con “Gli spiriti dell’isola”. Per fortuna non tutti hanno seguito questa tendenza distruttiva riconoscendo nei suoi confronti una prova artistica coincidente con le richieste di Scorsese, da sempre incline alle forti caratterizzazioni. 

In fondo il mondo dell’internet si dimostra sempre vario e sfaccettato anche nelle sue forme più nocive, ma siamo certi che una visione accorta del titolo possa spazzare via ogni dubbio sul lavoro compiuto dall’attore, dimostrando quanto spesso - in modo sciocco e distruttivo - le comunità di haters non facciano altro che creare discussioni sterili impoverendo l’informazione. 

Giovanni Scanu

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