La scena è nuda, senza quinte e orpelli, con grande quadrato bianco e nero al centro del quale, a volte come su un ring, a tratti come in una partita di scacchi, si combatte una lotta di sessi e classi sociali.

Inizia con sorpresa l'audace Contessina Julie di Maurizio Schimdt (in scena al teatro Out Off di Milano fino a domenica), con un cast tanto giovane quanto eccezionale di attori, e con la partecipazione, degna di nota, di Leonardo Ramadori, che alternando diversi tipi di strumenti a percussione (tra i quali il vibrafono e un vaso funerario) crea dal vivo una perfetta colonna sonora, con un crescendo alla Hitchkock sul finale da brividi.

Lo spettacolo è articolato in sei quarti d'ora, e un grande orologio sul fondo sottolinea come il tempo sia elemento centrale nella magica notte di San Giovanni in cui i protagonisti giocano la partita della loro vita.

Il primo quarto parte un po' a rilento, con la paura di un ennesimo "lo famo strano", invece poi lo spettacolo prosegue ritmato, scarno e necessario, così fuori dalla convenzione classica strindberghiana da risultare, ad una lettura finale, la più plausibile delle versioni possibili.

Jean e Julie (foto di Laura Virgulti)
Jean e Julie (foto di Laura Virgulti)
Jean e Julie (foto di Laura Virgulti)

Jean il servo (eccellente il nerboruto Lorenzo Frediani), giovane forte e ambizioso, viene sedotto dalla contessina Julie (la fuoriclasse Petra Valentini), una ragazza capricciosa e sadica (almeno in apparenza) che si muove sul ring come uno spiritello dispettoso, brandendo, a mo' di bacchetta magica sadomaso, un frustino per cavalli. Lontana insomma dal classico immaginario di una seducente Julie mezzo svestita che muore tra le lacrime della platea come una vittima tragica.

"La Julie di Strindberg, al contrario di come molti registi fanno apparire, è un personaggio assolutamente protofemminista e protosocialista: fa le cose da uomo, indossa pantaloni e stivali e scende nelle cantine a bere birra con i servi nelle notti d'estate", commenta Schmidth.

Dopo il proibito momento di passione, Jean e Julie si lasciano andare a flussi di coscienza degni di Freud, portati a galla anche dal troppo alcol. La paranoia che il conte li venga a scoprire, che la gente in giro sappia, che le conseguenze arrivino a destar scandalo schiaccia sempre più i due amanti nel quadrato claustrofobico della loro mente, con tanta forza che quasi scappa un sorriso di compatimento per questi due giovani problematici, resi così umani e veri dalla sottile interpretazione degli attori.

Lorenzo Frediani e Petra Valentini in un momento accorato dello spettacolo (foto Laura Virgulti)
Lorenzo Frediani e Petra Valentini in un momento accorato dello spettacolo (foto Laura Virgulti)
Lorenzo Frediani e Petra Valentini in un momento accorato dello spettacolo (foto Laura Virgulti)

Interessante anche la figura di Kristin (cristallina e fiera Emilia Scarpati Fanetti), la serva fidanzata di Jean, che mai come in questa messa in scena è un prosaico e fondamentale contrappunto ai protagonisti, troppo intellettuali per vivere in pace nella Svezia di fine Ottocento, per niente distante dal mondo schizofrenico dell'Italia di oggi.

Per una originale scelta registica le didascalie vengono citate dagli stessi personaggi, svelando ancora di più l'impatto rivoluzionario di questo testo nel teatro moderno, per altro l'unica opera che finisce con una vera e propria ipnosi, come sottolinea il regista.

Attori e musicista in scena (foto Laura Virgulti)
Attori e musicista in scena (foto Laura Virgulti)
Attori e musicista in scena (foto Laura Virgulti)

"Con un'opera così meravigliosa e degli attori di questo calibro, io non ho dovuto fare praticamente nulla" scherza Schmidt. E invece gli siamo grati per la regia intelligente e la profonda analisi del testo e ci auguriamo che la contessina Julie possa circuitare ancora nei teatri italiani.
© Riproduzione riservata