Polemica tra la Rai e il Tar del Lazio dopo che quest’ultimo ha intimato a “Report” di rivelare le sue fonti, dando così ragione a un avvocato milanese che, citato in un’inchiesta della trasmissione per una questione legata agli appalti lombardi, aveva presentato un esposto.

L’azienda ha annunciato il ricorso al Consiglio di Stato, mentre il conduttore tv Sigfrido Ranucci assicura: “Report non rivelerà le sue fonti”, e Rai3 ha fatto sapere di essersi schierata al fianco dei suoi giornalisti definendo la sentenza “un precedente gravissimo, un attacco all'indipendenza e all'autonomia dell'informazione”.

La Federazione della Stampa e l'Usigrai hanno pubblicato su Facebook il testo della decisione, che in pratica assimila Viale Mazzini alla pubblica amministrazione imponendole le stesse regole di trasparenza: “Rispettare le sentenze non vuol dire non poterle criticare”, ribadiscono il presidente della Fnsi, Beppe Giulietti, e il segretario dell'Usigrai, Vittorio Di Trapani. Anzi, aggiungono, “sono l'occasione per chiedere nuovamente a governo e Parlamento la necessità di un chiarimento urgente sulla natura giuridica della Rai. I giornalisti che fanno informazione in Rai non possono essere paragonati a funzionari della pubblica amministrazione. Pertanto le norme sull'accesso agli atti devono soccombere di fronte al diritto / dovere del giornalista di tutelare le proprie fonti. Altrimenti nei fatti si azzererebbe qualunque possibilità per i giornalisti Rai di fare il proprio lavoro, e ancor di più di fare giornalismo investigativo, così come nei doveri del Contratto di Servizio”.

IL CASO – Lo scorso ottobre lo studio legale di Andrea Mascetti era ricorso al tribunale amministrativo contro “Report” che lo aveva chiamato in causa su “Vassalli, valvassori e valvassini”, un’inchiesta firmata da Giorgio Mottola sugli appalti pubblici in Lombardia. Mascetti l’aveva descritta come “un quadro fuorviante della realtà”, dicendo anche di non aver avuto “alcuna consulenza con il presidente Fontana”. La Rai, dal canto suo, fin da subito aveva opposto un secco “no” alla richiesta di rivelare i documenti usati, richiamandosi al diritto di segreto professionale collegato alla tutela della libertà di stampa. Se l’azienda non dovesse avere successo col Consiglio di Stato, potrà rivolgersi alla Corte europea dei diritti dell'uomo, che di recente ha ribadito il diritto dei giornalisti a tutelare le proprie fonti.

(Unioneonline/s.s.)

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