Vivienne Westwood, la regina del punk, la ribelle stilista che a oltre 80 anni ancora partecipava a scioperi e proteste facendo sentire la sua voce graffiante a politici e potenti, è morta ieri a Londra.

Aveva 81 anni ed era malata da tempo, ha vissuto le sue ultime ore parlando del pianeta e di quel che bisogna fare per salvarlo. Voce fuori dal coro, ribelle per natura. Ultimamente si era espressa su Julian Assange («È un eroe trattato atrocemente dal governo britannico») e sul capitalismo («Un crimine, la causa principale di guerra, cambiamento climatico e corruzione»).

Era nata nel Derbyshire, figlia di operai del tessile, Gordon e Dora Swire, una coppia semplice che viveva nella campagna inglese. Ma la ragazza dai capelli rossi aveva carattere da vendere e appena sbarcata in città sarebbe diventata la regina del punk, vestendo generazioni di gioventù ribelli prima con pelle e borchie e poi con bustini e panier settecenteschi.

Vivienne Westwood arrivò a Londra a 17 anni, ma lasciò l’Università, la trovava noiosa. A 21 anni sposò Derek Westwood ed ebbe un figlio. Poi conobbe Malcolm McLaren, il musicista che sarebbe diventato l'impresario dei Sex Pistols. Con lui Vivienne sarebbe diventata la stilista più anticonformista del Regno Unito: con Malcolm aprì una boutique, al 430 di King's Road, il santuario della generazione ribelle di Londra di quel periodo.

Il negozio cambiò più volte nome: da "Let it Rock", "Too fast to live, too fast to die" a "Sex" e creò diversi scandali. Come nel 1974, quando per una collezione hard, fatta di abiti di cuoio e magliette di latex, catene e T-shirt fetish, la polizia chiuse il locale con i sigilli.

Più volte irriverente nei confronti della Regina Elisabetta, ma lei nel '92 le ha conferito il titolo di dama dell'Ordine dell'impero britannico. Alla cerimonia la stilista si alzò la gonna e mostrò ai fotografi che non portava la lingerie.

Anche la sua moda era sempre sopra le righe, come lei: «L'unico motivo per cui faccio moda è fare a pezzi la parola conformismo», amava ripetere. 

Ha aperto un atelier anche a Parigi. E si divideva tra Londra, Francia e Vienna, dove ebbe una cattedra: nella capitale austriaca conobbe il futuro marito, Andreas Kronthaler, suo allievo alla scuola di moda, 25 anni più giovane. Si sposarono poco dopo, durante una pausa pranzo a Londra. Lui divenne il suo assistente a cui lei lasciò la direzione creativa nel 2016.

Ma non per andare in pensione. «Basta parlare di vestiti», ammoniva rivolgendosi a chiunque le si avvicinasse per parlare di moda. Con l’avanzare dell’età è stata sempre più presa di problemi sociali.

La Vivienne Foundation, società senza scopo di lucro, fondata da Westwood alla fine del 2022, con i figli e il nipote, sarà lanciata ufficialmente il prossimo anno per onorare, proteggere e continuare l'eredità della vita, del design e dell'attivismo di Vivienne. L'obiettivo è quello di aumentare la consapevolezza e creare un cambiamento tangibile lavorando con le ong, basandosi su quattro pilastri: cambiamento climatico, stop alla guerra, difesa dei diritti umani e protesta contro il capitalismo.

Il suo ultimo monito: «Fermare il cambiamento climatico. Questa è una guerra per l'esistenza stessa della razza umana. E quella del pianeta. L'arma più importante che abbiamo è l'opinione pubblica. Diventa un combattente per la libertà».

(Unioneonline/L)

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