"Mi piace rimarcare la mia attitudine, la mia provenienza, quello che rappresento nel rap italiano, ormai più di 10 anni di storia solida".

Ensi è un rapper puro e ora, dopo "Clash freestyle", il brano manifesto, rivendica il suo ruolo di pilastro dell'hip hop italiano nel nuovo album "Clash", in uscita il primo febbraio.

"Ho avuto la fortuna e il privilegio di assistere a dei cambi generazionali importantissimi dai primi 2000 ad oggi, quindi ho un bel bagaglio e in questo disco credo che si senta ed era giusto, in un'epoca come questa un po' confusa e varia intorno a questo genere di musica, tornare a fare rap, con tutte le lettere maiuscole".

"Lamento un pochino la povertà di contenuti dei testi - dice sul panorama rap di oggi - la grande diffusione di questo genere ha permesso a tutti di parlare anche di cose meno importanti, questo però è un genere basato sulla scrittura, quello che mi interessa è la profondità e la caratura della penna".

"Vivo in guerra per morire in pace" è un po' la summa della Ensi-filosofia che lui spiega così.

"Morire in pace è il desiderio di chiunque in questa vita travagliata, se vogliamo fare invece un parallelo col rap, il mio modo di farlo è comunque guerrigliero, ma di base c'è una rabbia costruttiva ed ecco perché morire in pace".

Il suo rappare è duro ma mai offensivo nei confronti delle donne a differenza di molti altri rapper: "Io sono fidanzato da tanti anni, sono padre di famiglia, certe cose non le ho mai dette, perché non fanno parte del mio modo di essere e del mio stile ma non mi permetto di giudicare un collega che nel suo rap butta dentro anche questi argomenti, non credo che se si alza il livello di violenza contro le donne sia colpa di Sfera Ebbasta o Snoop Dogg o altri del genere. Ho sempre detto che la violenza sulle donne è un problema degli uomini, pensare che sia un problema del rap mi sembra esagerato".

(Unioneonline/D)
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