Esistono pochi cult rimasti impressi nel cuore degli appassionati come “Fight Club”, film del 1999 tratto dall’omonimo romanzo di Chuck Palahniuk e firmato alla regia dal genio visionario di David Fincher. Un’opera divenuta immortale che riporta su pellicola la follia e sregolatezza del testo di riferimento, impreziosita dal sensazionale apporto di star come Brad Pitt, Edward Norton, Helena Bonham Carter e Jared Leto. 

A distanza di cosi tanti anni, il romanziere ha finalmente rivelato alcune intriganti curiosità, affermando che - a suo dire - il più grande problema dell’adattamento cinematografico risiede nel finale. Più precisamente, a seguito di un’intervista per conto di Variety volta a promuovere l’uscita del suo ultimo romanzo intitolato “Not Forever, But For Now”, si è trovato spazio anche per qualche ulteriore chiacchiera nel merito del film. Alla domanda se avesse trovato alcune parti deboli o poco convincenti, Palahniuk si è sciolto nel considerare le battute conclusive - col conto alla rovescia della bomba a orologeria e lo scontro finale con Tyler - non del tutto conformi alla sua visione della storia: «Non ero un grande fan della bomba a orologeria, quel conto alla rovescia verso la fine. E lo sceneggiatore Jim Uhls lo ha inserito perché ovviamente esiste un tale cliché, e ho imparato ad accettare che sia un cliché».

In effetti, andando ad indagare nello specifico, le differenze tra romanzo e controparte filmica esistono e sono anche di una certa rilevanza. Premettendo doverosamente che da qui in poi - per chi ancora non conoscesse le suddette opere - ci addentreremo nel territorio minato degli spoiler, possiamo ricordare che nel finale del film si viene a scoprire la doppia personalità del protagonista, realizzando che lui stesso avrebbe escogitato il Progetto Mayhem per far esplodere con degli ordigni gli edifici che detengono le registrazioni dei crediti, cancellando di fatto i debiti di milioni di persone. 

In un sanguinoso faccia a faccia, il narratore  si scontra con Tyler Durden dentro un edificio di fronte a quelli che stanno per essere distrutti, poco prima che sopraggiunga la compagna Marla. Pur sparandosi in bocca nel disperato tentativo di neutralizzare il suo alter-ego, il protagonista riesce comunque a sopravvivere. Ma fallendo l’obiettivo di disinnescare uno degli esplosivi, il ritrovato duo non potrà far altro che assistere - impotenti e mano nella mano - all’impressionante deflagrazione dei grattacieli.

Lo stesso piano per far saltare un edificio di credito viene programmato da Tyler anche nel romanzo, in questa sede però la personalità sdoppiata vuole  sacrificarsi come un martire insieme al narratore nel mezzo dell’esplosione. Il piano tuttavia non ha buon fine, la nemesi del protagonista si dilegua prima che quest’ultimo possa tentare di debellarla sparandosi e anche gli esplosivi programmati per far saltare i grattacieli non funzionano correttamente. Ciononostante il narratore sceglierà di spararsi comunque, sopravvivendo anche stavolta ma finendo suo malgrado in cura presso un ospedale psichiatrico ove agiscono alcuni membri del Progetto Mayem, che attendono la ricomparsa del loro capo Tyler. 

Particolari non da poco insomma, che distinguono chi predilige l’opera originale da quella pensata per il grande schermo. Senza dubbio possiamo azzardarci a considerarle entrambe due capolavori, ugualmente lodevoli non solo per le prevedibili somiglianze, ma anche per le significative specificità. 

Giovanni G. Scanu

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