Mai come negli ultimi due anni il regista britannico Christopher Nolan è stato sulla cresta dell’onda. Dopo il delirio di massa scatenato dal fenomeno del “Barbenheimer”, che ha visto il suo “Oppenheimer” e il “Barbie” di Greta Gerwig contendersi lo scettro di miglior risultato al botteghino estivo, i riconoscimenti conseguiti prima ai Golden Globe e successivamente agli Oscar - con ben sette statuette tra cui quella per il migliori film - hanno definitivamente proiettato il cineasta sull’Olimpo dei più accreditati filmaker degli ultimi anni.

Ma prima ancora dell’eccezionale riscontro avuto col suo ultimo film, sappiamo bene quanto Nolan abbia contribuito a rendere grande la settima arte, dagli esordi con l’insolito “Memento” al più avveniristico e onirico “Inception”. L’esplosione di notorietà, tuttavia, è arrivata a partire dalla fortunata trilogia di Batman che ha raggiunto l’apice del successo col secondo episodio intitolato “Il Cavaliere Oscuro”, ricordato tra le altre cose per l’ultima, grande interpretazione dell’attore Heath Ledger nei panni di Joker. Fra i tre film, quello più difficile da realizzare è stato sicuramente il terzo, e a confermarlo è lo stesso Nolan.

Nel libro di Tom Shone “The Nolan Variations” scopriamo infatti la sua scarsa propensione a tornare con dei seguiti su franchise che ha già esplorato in passato, ancor più per quanto riguarda i trequel.

Da una sua dichiarazione, rivolta specificamente al terzo episodio di Batman, scopriamo che: «Non ci sono buoni terzi sequel, forse solo Rocky III. Ma sono molto difficili. Quindi il mio istinto mi ha suggerito di cambiare genere. Il primo film era una storia delle origini. Il secondo è un dramma poliziesco molto simile a Heat - La sfida, e il terzo dove essere qualcosa di grandioso, perché non puoi tornare indietro. Il pubblico non ti dà scelta, non puoi tornare a fare ciò che hai già fatto prima. Quindi devi cambiare genere. Abbiamo optato per l'epopea storica, il film catastrofico, L'inferno di cristallo che incontra Il Dottor Zivago».

Certamente all’epoca il risultato al box office fu sorprendente, considerata appunto la natura di trequel. Superando nel 2012 il miliardo di dollari di incassi, anche i giudizi della stampa su “Il Cavaliere Oscuro - Il Ritorno” non furono affatto stroncanti, con un punteggio su Rotten Tomatoes ancora oggi del 87% di gradimento. Anche la scelta del villain, dopo l’apprezzamento ricevuto col Joker di Ledger, non fu certo semplice: inizialmente l’opzione ricadeva sull’Enigmista, ma per dare vita a uno scenario di natura post apocalittica Bane è stata sicuramente la scelta più adatta: «Ne abbiamo discusso a lungo. Bane è nato da una conversazione con David Goyer e Chris. Non ne ero sicuro mentre pensavamo alla storia da raccontare. Ma Chris aveva capito che quello che avevamo fatto e quello che Heath Ledger aveva fatto con Joker non sarebbe stato ripetibile nemmeno lontanamente. Ho iniziato a pensare all'Enigmista e a cosa avremmo potuto fare con quel personaggio. Ma sembrava troppo vicino all'area di azione del Joker e avevamo davvero bisogno di cambiare direzione. Una delle cose che mi entusiasmava era l'idea di dar vita a un film post-apocalittico. Batman salva sempre la situazione e la città sopravvive. Perché non possiamo distruggere Gotham e vedere cosa succede dopo?».

Fra le altre cose, è ugualmente noto che all’epoca de “Il Cavaliere Oscuro” Nolan fosse piuttosto restio ad accettare il progetto, per il timore di finire etichettato agli occhi del pubblico come un regista di supereroi. Lo scorso mese, nel corso di un’intervista al podcast "Armchair Expert" con Dax Shepard, il fratello Jonathan Nolan ha svelato che ci volle del tempo per convincere Christopher a prendere in mano il progetto.

Dal suo racconto scopriamo infatti: «Chris era indeciso se farne un altro, non voleva diventare un regista di film di supereroi. Ero seduto con Charles Roven e Chris e dicevo: non fare il cagasotto, facciamolo! E sapevo che con la sceneggiatura era tipo il primo atto dettagliato, il secondo atto un po' meno dettagliato, il terzo atto... ehm, dove c'è lui che fugge via alla fine. Una volta avuta la sceneggiatura pronta, ho pensato: questo sarà fantastico, è emozionante, dobbiamo fare questo film. E alla fine si è ricreduto, è riuscito a non farsi etichettare».

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