Ancora fresco di premiazioni ai BAFTA svoltesi lo scorso 18 febbraio, il regista britannico Christopher Nolan ha trionfato in terra natia con ben sette riconoscimenti, spodestando il successo di titoli altrettanto discussi come “Povere Creature” e preparandosi più agguerrito che mai alla notte degli Oscar prevista il 10 marzo, collocato in testa con ben tredici nominations. Come noto ai più, il successo senza precedenti del suo biopic va attribuito in buona parte all’eco mediatico scatenato la scorsa estate dal fenomeno del “barbenheimer”, che ha favorito un’affluenza in sala paragonabile solo, rispetto ai precedenti titoli del cineasta, al seguito riscosso con la trilogia de “Il Cavaliere Oscuro”.

Ovviamente ad aver conquistato tutti è specialmente la qualità intrinseca del titolo, che oltre a godere di valori tecnici e visivi degni delle sue migliori produzioni vanta una ricostruzione storica e psicologica del personaggio di Robert Oppenheimer - il fisico inventore della bomba atomica - estremamente ricca e sfaccettata. In attesa di scoprire quante statuette saprà aggiudicarsi il titolo scopriamo che nel corso di un incontro al BFI di Londra il director ha ammesso la volontà di realizzare in futuro una pellicola horror. Il genere è infatti molto apprezzato da parte sua, ma ciò avverrebbe solo a patto di avere tra le mani un’idea geniale da poter sviluppare.

Nolan ha affermato di apprezzare l’horror principalmente per il suo carattere “viscerale”. I film di questa categoria “hanno un sacco di cupezza, un sacco di astrazione”, e permettono ai registi di dar vita a possibilità sulle quali Hollywood è generalmente “resistente”. Ciò infatti è anche il motivo per cui risulta difficile realizzare un buon horror, ragion per cui non si sarebbe ancora cimentato nell’impresa.

Rivoltosi al publico di BFI, ha detto nello specifico: “Oppenheimer contiene sicuramente elementi horror, come penso sia appropriato per il soggetto. Penso che i film horror siano molto interessanti perché dipendono da dispositivi molto cinematografici, si tratta davvero di una risposta viscerale alle cose e quindi, prima o poi, mi piacerebbe fare un film horror”. E poi ha chiarito: “Ma credo che un buon film horror richieda un'idea davvero eccezionale. E queste sono poche e lontane tra loro. Quindi non ho trovato una storia che si presti a questo scopo. Ma penso che sia un genere molto interessante dal punto di vista cinematografico. È anche uno dei pochi generi di cui gli studios vanno ghiotti, e si tratta di film molto cupi, molto astratti. Hanno molte delle qualità che Hollywood è generalmente molto restia a inserire nei film, ma questo è un genere in cui è consentito”.

In ogni caso, una qualità che certamente Nolan ha dimostrato di possedere è quella di miscelare differenti generi all’interno dello stesso film, ammettendo di aver adottato alcune tecniche del cinema ad alta tensione nella seconda parte di “Oppenheimer” e del dramma giudiziario per le fasi finali. In questo senso ha affermato: “Il motivo per cui ho scelto questi due generi per queste sezioni è che si tratta di generi mainstream in cui il dialogo, la gente che parla, è intrinsecamente intenso e interessante per il pubblico. È questo il bello del genere: puoi giocare con molte aree diverse, mentre in un altro tipo di film non ti sarebbe permesso”.

Particolari non da poco che giustificano la buona riuscita del titolo. Ma lo stesso regista ha dichiarato in passato di esser rimasto stupito da un impatto tanto positivo. Intervistato da Variety, ammette di non aver mai potuto prevedere un successo di tale portata: “Con certi film, il tempismo agisce in un modo che non avresti mai potuto prevedere. Quando inizi a fare un film, sei a due o tre anni di distanza da quando uscirà, quindi cerchi di colpire un bersaglio mobile per quanto riguarda l'interesse del pubblico. Ma a volte si intercetta l'onda e la storia che si sta raccontando è quella che la gente sta aspettando”. E parlando delle reazioni in sala da parte del pubblico: “È stata un'esperienza straordinaria. Ogni posto a sedere era pieno e l'attenzione per ciò che accadeva sullo schermo era massima. Quel livello di coinvolgimento era qualcosa che non avevo mai provato prima. C'era una vera attenzione”.

Giovanni Scanu

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