Debutterà domenica 15 ottobre alle 20 al Teatro Massimo l’opera prima da regista della trentaduenne Agnese Fois, intitolata “Arianna”. In una delle giornate del “FIND 41”, Festival Internazionale Nuova Danza, lo spettacolo avrà la sua prima assoluta e, poco dopo (sabato 21 ottobre alle 20.30) aprirà il sipario della Stagione Teatrale 2023 / 2024 de L'Effimero Meraviglioso al Teatro Civico di Sinnai. 

In scena Brigida Cesareo, Roberta Crivelli, Soraya Secci e Sara Perra con le coreografie di Valeria Angela Russo. Prima esperienza dietro le quinte, ma solo uno dei tanti traguardi raggiunti dalla Fois negli ultimi anni. Dopo aver calcato, da attrice, i palchi di teatri come il Piccolo di Milano e l'Angelo Mai, a Roma, aver lavorato con registi come Gabriele Lavia, Briè, Davide Iodice e Fernando Rubi e aver vinto numerosi premi, fa il suo esordio nel mondo della regia e della drammaturgia. Una vocazione sentita intensamente sin dalla tenera età, quella di Fois: «Ho sempre avuto la certezza che avrei voluto essere questo nella vita. Non c’erano alternative per me, per la gioia dei miei genitori» racconta mentre sorride.

«Non è un mondo facile, ma io mi sono buttata come un kamikaze in tutte le opportunità che mi si sono presentate. Finalmente ho avuto l’occasione di creare qualcosa di mio. Arianna è un traguardo incredibile per me». 

Il mito di Arianna, Teseo e il Minotauro è conosciuto ai più, e Fois lo sa. Avendo studiato al Classico ed essendo sempre stata affascinata dalla mitologia, li aveva tutti ben presenti. Ma, questo in particolare, è sempre stato qualcosa di più: «Ho iniziato a scrivere di Arianna perché ci ho sempre trovato dentro dei temi contemporanei a me molto cari. L’accento è sul punto di vista femminile di lei, sui legami familiari, sulla solitudine, sulla fame e sul bisogno d’amore». In questo spettacolo di teatro - danza (coproduzione Asmed/Balletto di Sardegna – L’Effimero Meraviglioso), il linguaggio è lontano dal quotidiano. Si sfida il limite che esiste tra canto e parole, così come le coreografie sono sempre in bilico tra gesto e danza. «Mi piaceva l’idea che movimento teatrale e ballo non fossero separati: è tutto una coreografia ma non c’è mai una coreografia vera. Tutto è incentrato sulla presenza scenica e sulla consapevolezza del corpo».

Nell’interpretazione di Fois lo specchio è la struttura dello spettacolo: «C’è un continuo gioco di riflessi e rispecchiamenti tra Arianna e il suo fratellastro, il Minotauro. Due esuli, due sconfitti che si scambiano continuamente. A tal punto che non è più chiaro, a chi guarda, chi sia davvero il mostro». Un’interpretazione del Minotauro originale. Che non uccide per crudeltà, ma perché vuole tenere con sé il calore umano di cui sente la mancanza. «Arianna si rivede nella fame d’amore di suo fratello, fino a trasformarsi in lui alla fine dello spettacolo».

In scena un’opera profondamente sentita dalla regista, portata al pubblico con l’intento di affondare i denti nello spirito del teatro greco e del mito, cercando di spremerne l’essenza, fino a trovare una sintesi che ci parli oggi, in maniera cruda, onesta, profonda e delicata insieme.

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