Addio a Harry Belafonte, mostro sacro della musica e paladino dei diritti civili
Il cantante newyorchese di origine caraibica aveva 96 anni. Il suo album “Calypso” fu il primo a vendere oltre un milione di copieHarry Belafonte (Ansa)
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Addio a Harry Belafonte, mito della musica e dei diritti civili.
L’artista, che negli anni 50 aveva sfondato le classifiche pop, diventando al tempo stesso uno dei personaggi simbolo del movimento per i diritti degli afro-americani, è morto a 96 anni nella sua casa dell’Upper West Side di Manhattan.
Nato a Harlem da genitori originari di Martinica e di Giamaica, amico da giovane di Martin Luther king e da vecchio grande oppositore di Donald Trump, Belafonte portò alla ribalta la musica caribica con canzoni come Day-O (The Banana Boat Song) e Jamaica Farewell. L'album “Calypso”, che le conteneva entrambe, fu il primo di un artista in assoluto a vendere più di un milione di copie.
È stato amico di Marlon Brando e Mlk, dei Kennedy e di Nelson Mandela. "Banana Boat”, una delle sue canzoni più famose interpretata in Italia da Pino Daniele, Celentano e Mina.
Belafonte partecipò anche al concerto We Are the World con Stevie Wonder, Michael Jackson, Bob Dylan e Cyndi Lauper e nel 1987 raccolse da Kanny Kaye il ruolo di ambasciatore di buona volontà dell'Unicef.
Era rimasto attivo in politica anche in vecchiaia: «Se Trump ci chiede cosa abbiamo da perdere", aveva scritto nel 2016 in un op-ed sul New York Times in cui invitava gli afro-americani a non votare il tycoon, «rispondetegli: solo il sogno, solo tutto».
(Unioneonline/l.f.)