È partito il primo maggio da Porto Torres e sarebbe dovuto arrivare a Capo Nord con la sua bici il 3 giugno, nell'ambito del progetto Tramonti. Invece si è dovuto fermare prima del previsto poiché la Norvegia gli ha negato il visto. È rientrato a Cagliari proprio giovedì scorso. Un finale amaro che di certo Francesco Accardo, 31enne cagliaritano, ingegnere dei trasporti e direttore della Fondazione Siotto, non si sarebbe mai aspettato. Lo scorso anno, a giugno, ha attraversato l'Italia per documentare il post-lockdown. Stavolta, invece, il tour non è andato come sperava. «Le regole sono molto diverse tra i vari stati», spiega, «forte della motivazione lavorativa legata al documentario in realizzazione per il Ministero degli Esteri e la Sardegna Film Commission, ho attraversato l'Europa senza problemi. Francia, Germania e Danimarca permettono l'ingresso solo per lavoro e con un tampone negativo al Covid sono entrato in tutti i Paesi. In Norvegia invece le regole sono rigide: registrazione su un portale, controlli alla frontiera e Covid hotel per tutti. Al confine sono stato controllato dalla polizia e dall'esercito. Può entrare solo chi risiede lì, almeno per ora». Neanche l'ambasciata italiana a Oslo ha potuto sbloccare l'impasse: «Non si è trovata alcuna soluzione. Credo siano precauzioni esagerate, ma non ci posso fare niente». Nonostante tutto, nonostante si sia dovuto fermare in Svezia, il documentario uscirà lo stesso. Mostrerà i paesaggi europei percorsi da Francesco con la sua bici: 3.000 km, 15.000 metri di dislivello totali e otto nazioni attraversate. Ma raccoglierà anche le storie dei tanti italiani (e molti sardi) che vivono e lavorano nel Vecchio Continente, giovani e meno giovani. L'amaro in bocca per quella meta non raggiunta, resta: «Mi è dispiaciuto molto non poter concludere il viaggio. Avevo programmato di tenere duro e aumentare la lunghezza delle tappe giornaliere per arrivare a Capo Nord il 3 giugno, Giornata mondiale della bicicletta. Delusione amara, ma fino a pagina 2. Con tutte le storie d’amore andate male nella mia vita, questo è niente». Racconta gli episodi più belli e quelli meno belli di questo tour: «Nelle montagne del Jura, in Francia, ero da ore sotto un acquazzone, al freddo e in salita. Una postina mi ha offerto un passaggio, caricando la bici nel bagagliaio. Ero un perfetto sconosciuto per lei, ma non ha esitato. L'esperienza più spiacevole è stata la pioggia per tutto il tragitto. Difficile godersi panorami, tramonti e città così». La città che l'ha più colpito? «Copenaghen. Nei viaggi in bici prediligo passare nei piccoli paesi, ma della capitale danese mi ha colpito l'architettura, l'attenzione all'ambiente e le tante bici. Poi ho attraversato una pista ciclabile di 50 km lungo lo stretto dell'Oresund (tra Svezia e Danimarca, nda). È stato bellissimo pedalare con a fianco il mare». Promette che tenterà di nuovo di andare a Capo Nord: «Quest'estate. Arriverò in auto fin dove mi sono fermato e da lì in bici. Stavolta con mio fratello, che me l'ha promesso». Anche lui aveva fatto una promessa: se non fosse riuscito ad arrivare a Capo Nord, si sarebbe tinto i capelli. «Alla fine non l'ho fatto», dice ridendo.

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