Cinquantacinque anni e non sentirli. L’associazione “Antonio Gramsci” di Torino ha festeggiato un compleanno importante e le attività non si sono affievolite, anzi proseguono con sempre nuovo slancio.

Presidente è Matteo Mereu, 42 anni, nato a Torino ma con origini nell’Iglesiente, ha mantenuto saldi i legami con l’Isola anche grazie ai genitori, che hanno sempre fatto parte della realtà dell’associazione. E non è un caso che, quel primo ottobre 1968, sia stata scelta proprio la parola “associazione” al posto di “circolo”: «I fondatori, riuniti intorno alla figura di Angiola Massucco Costa – racconta oggi Enzo Cugusi, memoria storica del “Gramsci” –, avevano deciso che “circolo” fosse un termine che faceva riferimento a un circuito chiuso, elitario, mentre l’intento era l’esatto opposto: l’apertura alla società. Poi sempre tra i fondatori non posso non citare Pietro Vitzizzai, Ignazio Camarda, noto botanico, e suo fratello, e la maestra Giovanna Fogheri».

Cugusi, nato a Gavoi 69 anni fa, è arrivato nel capoluogo piemontese nel 1976. Aveva vinto un concorso per la Prefettura di Nuoro, «ma per i miei trascorsi politici venni trasferito a Torino».

Cos’aveva combinato?

«Niente di che, addirittura non avevo neanche ben capito il motivo, mi era arrivata questa convocazione con viaggio gratuito, quindi trasferimento d’ufficio, e solo 12 anni dopo mi è stato chiaro».

Cos’era successo?

«Chiedendo di essere spostato a Sassari e ricevendo sempre un “no”, ho saputo dell’esistenza di una schedatura politica. Quando vivevo a Gavoi, insieme a tanti altri ragazzi facevamo politica al circolo La Comune. Evidentemente non andava bene che andassi a lavorare in Prefettura a Nuoro, e mi hanno mandato lontano, a Torino, quando ammazzavano terroristi ogni venerdì».

Com’è stato l’arrivo in Piemonte?

«Era l’11 ottobre 1976, c’era una nebbia fittissima, aveva piovuto insistentemente. Ho un ricordo preciso di quel momento».

Conosceva qualcuno?

«Nessuno, ma in quei giorni si svolgevano le celebrazioni per il 40esimo anniversario della morte di Antonio Gramsci, per le strade del centro, nelle librerie, c’erano tante attività. Sono andato in un centro culturale e ho incontrato delle persone dell’associazione sarda e da lì è iniziato un matrimonio che non è mai finito».

La politica ha comunque fatto parte della sua vita.

«Sono stato eletto nel 2001 nella lista Ds con Sergio Chiamparino, come consigliere comunale, e poi fino al 2011, negli ultimi 5 anni sono stato presidente della commissione che si occupava di energia, parchi, rifiuti, acquedotto».

Ed è stato anche presidente dell’associazione?

«Sì, sono diventato componente della segreteria nei primi anni Ottanta, poi presidente per tre o quattro rinnovi del direttivo».

Che realtà è oggi l’“Antonio Gramsci”?

«Abbiamo 1.300 soci, molto sono giovani, siamo riconosciuti come agenzia formativa dall’Università di Torino e ogni anno ospitiamo studenti che inseriscono nel loro piano il tirocinio da noi. Molti poi restano, perché in questa città trovano lavoro, e la maggior parte è stata assunta a tempo indeterminato. Abbiamo rapporti con tantissime altre associazioni, con la Caritas, le parrocchie. E poi il club del Cagliari Calcio, i laboratori culinari, l’educazione al cibo».

Circuiti di solidarietà anche?

«Quella sempre. Per fare un esempio: ogni giovedì, davanti alla nostra sede, si distribuiscono frutta e verdura che arrivano dai mercati generali e che vengono consegnate alle famiglie bisognose, circa 150. Il venerdì i cibi vengono cucinati e li forniamo attraverso Comune e associazioni a una trentina di famiglie. Ma non solo: durante la pandemia la nostra coscienza solidale si è attivata per difendersi dal pericolo più sentito, quello della povertà».

In questi 55 anni di attività, quali sono stati gli appuntamenti che ricordate come più importanti?

«Negli anni ‘80 durante la crisi Fiat abbiamo affrontato una grande emergenza: improvvisamente i lavoratori si sono ritrovati a casa, senza far niente, smarriti, in cassa integrazione. Abbiamo promosso opportunità di riqualificazione attraverso la Regione e il Comune. È stato un momento molto difficile. Poi sono stati tanti i momenti bellissimi, come il gemellaggio con Meana di Susa, quando abbiamo fatto lì la festa della tosatura con i sardi del Torinese che si sono riuniti sulle Alpi. E tante occasioni in cui abbiamo ricevuto attestati di stima e riconoscimento dalle istituzioni civili e religiose».

Da chi è composta la comunità sarda a Torino?

«Anziani dell’emigrazione degli anni Sessanta e Settanta, i loro figli che si professano sardi, i nuovi arrivati che non sono solo studenti, fra il 2005 e il 2006 - quando venivano costruiti gli impianti per le Olimpiadi invernali – molti emigrati sono poi rimasti qui. Insomma oggi non sono più pastori o ex minatori che lasciano l’Isola, ma sempre più lavoratori stagionali e operai specializzati. E c’è tutto il tema dei viaggi della salute, centinaia di sardi ogni anno vengono in Piemonte per cure, esami e visite, e anche a loro forniamo supporto».

Cos’avete organizzato per i 55 anni dell’associazione?

«Un pranzo sociale per trovarci tutti insieme, e molti eventi collaterali: il laboratorio di trasformazione del latte a cura di Emanuele Cardia, un nostro socio che ha un ovile con pecore sarde nelle colline torinesi. Una degustazione di vini sardi diretta da Leonardo Porcu che fa parte del nostro direttivo; il laboratorio di pasta fresca e dolci sardi condotto da Stefania Mighela; letture di Michela Murgia e Angiola Massucco Costa a cura di Chiara Porcu; laboratorio di ceramica sarda per adulti e bambini a cura di Stefania Spanedda; il concerto di Chiara Effe».

Matteo Mereu, presidente dell'associazione "Antonio Gramsci" (foto concessa)
Matteo Mereu, presidente dell'associazione "Antonio Gramsci" (foto concessa)
Matteo Mereu, presidente dell'associazione "Antonio Gramsci" (foto concessa)

Chi sono i componenti del direttivo attuale?

«Oltre al presidente Matteo Mereu, ci sono Francesco Pongiluppi, Immacolata Licheri, Stefania Spanedda, Antonio Maria Cossu, Leonardo Porcu, Maurizio Fanari, Enrico Corona, e io».

Molte associazioni lamentano il problema del ricambio generazionale, vale anche per voi?

«Per noi no perché creiamo i presupposti per l’attrazione, gli studenti sardi del Politecnico sanno che esistiamo, ricevono comunicazioni con i nostri punti di riferimento dall’Università.»

Da emigrati, quali sono i problemi che vorreste segnalare alla Regione?

«Prima di tutto il diritto alla mobilità: i costi dei trasporti sono esagerati e mancano anche molte tratte. Le seconde generazioni poi non hanno diritto ad agevolazioni. E tutte le regioni del Nord-Ovest e del Nord-Est sono tagliate fuori, si considerano solo Milano e Roma. Per qualche anno ha funzionato la continuità con Bologna, Verona e Torino, poi è cessata, non c’era business. E ora ci ritroviamo con mille difficoltà per tornare nella nostra terra».

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