Baby gang a Cagliari e nell’hinterland: cosa sta succedendo tra i giovanissimi?
A spiegarlo è lo psicoterapeuta Luca Pisano, che da anni osserva il loro comportamento in cittàPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Due giorni fa a Sestu, un gruppo di adolescenti ha seminato il panico spruzzando spray urticante al centro commerciale la Corte del Sole. Nessun ferito grave, ma la paura e il caos hanno acceso i riflettori su un fenomeno preoccupante: la nascita delle baby gang nell’area metropolitana di Cagliari.
A spiegarlo con chiarezza è lo psicoterapeuta cagliaritano Luca Pisano, che da anni osserva il comportamento dei giovanissimi in città.
Secondo Pisano, il sabato sera nel centro di Cagliari non è più solo una questione di divertimento: «Alcol, marijuana, hashish, cocaina e recentemente anche ecstasy e ketamina strutturano un rituale prevedibile e ripetuto – spiega –. I ragazzi escono per stordirsi e scaricare tensioni individuali, familiari e sociali accumulate durante la settimana. Tutto questo si trasforma in uno spettacolo: risse, pestaggi, uso di armi, esibizione di potere».
Non si tratta più di semplici gruppi di amici che passano il tempo insieme. «Oggi ci troviamo di fronte a gruppi gerarchicamente strutturati – sottolinea Pisano – che lottano per affermare la propria identità sul territorio, spesso ispirandosi a figure negative della musica trap o delle serie TV. E non solo: adolescenti con background migratorio, in cerca di riconoscimento sociale e identitario, si inseriscono in questi schemi, generando dinamiche ancora più complesse».
Le piazze del centro storico cagliaritano, come piazza Sant’Eulalia, via Sicilia, piazzetta Aramu e le scalinate di Sant’Anna, non sono più semplici luoghi di ritrovo, ma sono diventati veri e propri spazi di potere, dove ragazzi tra i 12 e i 17 anni, spesso armati di coltelli da cucina, bottiglie rotte o tirapugni, definiscono chi comanda e chi è sottomesso.
L’episodio di Sestu, dove spray urticante e tensione hanno generato panico, non è un caso isolato: rientra in questo schema di comportamenti violenti e ritualizzati. «Il problema – conclude Pisano – è che la violenza diventa spettacolo e modalità di riconoscimento sociale e chi non vi aderisce rischia di essere escluso o emarginato».
Se da un lato le forze dell’ordine hanno già avviato controlli mirati nei luoghi caldi della movida, dall’altro gli esperti sottolineano che occorre un intervento educativo e sociale più ampio, che accompagni realmente i ragazzi fuori dalla spirale della violenza e delle sostanze.