«La vitiligine è un disordine autoimmune della pigmentazione che si caratterizza per la presenza di chiazze acromiche circoscritte, di colore bianco-latteo, ben delimitate a contorni irregolari che possono comparire su tutto il corpo, in maniera simmetrica e bilaterale, specialmente sul dorso delle mani, sulle braccia, sul volto (in particolare nella regione periorale e perioculare), sulle ginocchia e sul dorso dei piedi soprattutto in età adulta; oppure a carico di un emisoma (specie sul viso, lungo la branca del trigemino), con una maggiore frequenza in età pediatrica».

A spiegarlo è la dottoressa Brunella Conti, dermatologa dell’ospedale “San Giovanni di Dio”, in una puntata di “15 minuti con…”, la trasmissione di approfondimento sulla salute dell’Azienda ospedaliero-universitaria di Cagliari, in collaborazione col gruppo Unione Sarda, condotta dal giornalista Fabrizio Meloni, responsabile della Comunicazione e delle relazioni esterne dell’Aou.

«La vitiligine», prosegue la dermatologa, «colpisce in egual misura entrambi i sessi senza distinzione razziale, con un’incidenza dello 0,1-2% a livello mondiale, in una fascia di età compresa tra i 10 e i 30 anni (in Italia più di un milione di persone ne è affetto). È una patologia multifattoriale i cui fattori causali possono, da soli o in sinergia, indurne la manifestazione. Tra questi ricordiamo gli stress emotivi, le infezioni virali, i traumi fisici, le ustioni solari. Non si tratta di una malattia contagiosa né ereditaria; si eredita solo la predisposizione genetica, infatti è riscontrata familiarità nel 25% dei casi».

«La vitiligine si associa ad altre patologie autoimmuni, tra le quali sono da annoverare la tiroidite di Hashimoto, la gastrite atrofica, la celiachia, l’artrite reumatoide, il diabete, la dermatite atopica», sottolinea Conti: «È importante considerare l’impatto psico-sociale che questa malattia provoca soprattutto nelle relazioni interpersonali, sociali e lavorative, tanto è vero che a partire dal 2011, ogni 25 giugno, si celebra la Giornata mondiale della Vitiligine per sensibilizzare e combattere il pregiudizio che la circonda».

«Disponiamo oggi di numerose terapie per contrastarla, anche se non risolutive», aggiunge Conti: «La Fototerapia UVB a banda stretta 311nm, la cui efficacia si basa sulla capacità dei raggi ultravioletti di indurre la pigmentazione stimolando i melanociti perifollicolari della cute malata, o perilesionali della cute sana, è fra e terapie più efficaci e utilizzate alla Clinica dermatologica del “San Giovanni di Dio”, in associazione alle creme corticosteroidee e ai farmaci immunomodulanti topici. In base all’estensione della vitiligine si può utilizzare la cabina Totalbody o la distrettuale (unità viso mani) con sedute settimanali per diversi mesi: una terapia ben tollerata con scarsi effetti secondari. Sono allo studio nuovi farmaci molto promettenti per uso topico quali gli antiJak 1 /2».

Luca Mirarchi

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Il potere dell’abbraccio materno

Quanto bene può fare l’amore di una mamma per il suo bimbo. Può essere così grande che basta un abbraccio, basta portare il piccolo a stringersi al petto per capire che, come per un miracolo di fisiologia, i ritmi dei due cuori tendono ad uniformarsi, in una splendida sinfonia. In genere “guida” questa danza la mamma, che prende in braccio il bimbo quando è piccolo e magari immusonito, fino a fargli riprendere il buonumore che si traduce in benessere. Ma a volte, quando la madre non è in condizioni ottimali di benessere psicologico come può accadere in caso della classica depressione post-partum, è il cuore del piccolo a regolare i ritmi. Il tutto, va detto, con un unico farmaco. Che si chiama amore. Quella dei cuori che battono all’unisono può sembrare quasi una fiaba, ma in realtà è una reazione emotiva del tutto naturale sul fronte neuropsicologico. A dimostrarla è una curiosa ma al contempo affascinante ricerca apparsa su Journal of Psychopathology and Clinical Science. Lo studio dimostra anche che se la mamma attraversa un momento non particolarmente gioioso dopo la gravidanza, soffre di quella che viene definita depressione post-partum, la trasmissione dei segnali viaggia in senso opposto. In questo caso infatti sarebbe il piccolo a “guidare” le sensazioni, con la mamma che, specie se seguita a dovere, tende ad uniformare le reazioni allo stato d’animo del bimbo. La ricerca, coordinata da John Krzeczkowski, del Dipartimento di Psicologia presso l’Università Mc Master e in collaborazione con il LaMarsh Center for Child and Youth Research, ha preso in esame coppie “madre-figlio” sia sane che con le donne con depressione post-partum, proprio per valutare se le condizioni emotive della donna potessero “modificare” il flusso impercettibile di informazioni che lega le due persone, la grande e la piccola. Insomma: anche se non si può dimostrare, quando un bambino è angosciato, sua madre ha il potere unico di calmare il bambino con un abbraccio amorevole e alcune parole tenere.

Federico Mereta

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