Quando si dice la bizzarria. E' una piccola parola, di appena due sillabe, ma a ben guardare ti fa dannare l'anima fin dal primo incontro sui banchi di scuola. Virus, pronunciato esattamente come è scritto con buona pace dei tanti politici nostrani che dicono vairus (presunto inglese), è una parola di origine latina, come tante del nostro dizionario.

Appartiene alla seconda declinazione, famiglia che comprende soprattutto nomi maschili, contraddistinti dalla desinenza in us. Facile. Peccato che virus, nonostante gli apparenti connotati maschili indispensabili allo studente per orientarsi, sia un bel neutro. Chi l'avrebbe mai detto, proprio neutro, sinonimo di innocuo, inefficace. Così diverso da come lo abbiamo conosciuto in questi mesi: aggressivo, subdolo, spaventosamente diabolico. Invisibile e ovunque. Forse il neutro sta nella sua capacità di cercare casa dappertutto: uomo, animale, pianta e di non essere in grado di vivere se non da parassita, quindi di farsi sempre ospitare nelle cellule altrui. L'appartenenza non è l'unica eccezione di questa stranissima parola. In latino virus significa "succo", "mucillagine" e non ha il plurale. Sembra davvero una beffa: due sillabe, solo singolare, ma può fare stragi e tenere il mondo in ostaggio. Tecnicamente dunque è un nome singularia tantum opposto al pluralia tantum (cioè solo plurale) e così viene soccorso da un altro termine: a sostituire il virus arriva il venenum, il veleno. E' un po' come se il suo destino e la sua cattiveria fossero già chiusi nel piccolo nome.

Non è tutto. In questo gioco in bilico tra lingua e realtà, in compagnia del virus, c'è un altro termine con le stesse identiche caratteristiche e medesime eccezioni, ed è la parola pelagus, ovvero mare. La sintesi è presto fatta: un mare di virus. Insomma pandemia. Se virus è il primo termine che messo a dura prova le nostre vite, mascherina è il secondo ed è quello che più direttamente riguarda la nostra resistenza sia emotiva che fisica. Mascherina, dalla parola latina maschera che significa persona.

Di mascherina ha dato una bellissima definizione a "A la lingua batte" su Radio Tre, lo scrittore triestino Mauro Covacich, vincitore del premio Campiello con "La città interiore" nel 2017. , spiega lo scrittore. . Più ci mascherano e più ci smascherano, mettendo in luce la nostra paura.

Sarà bellissimo tornare nell'antico mondo governato dalla finzione, ci metteremo tutta la faccia, dimenticando per un po' il diabolico virus, microscopico, senza plurale ma dotato di una forza tale da metterci in ginocchio. Noi che ci credevamo invincibili. Per dirla con il latino, invicti.
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