Nonostante sia nota a livello mondiale per la longevità della sua popolazione, la Sardegna resta comunque una delle regioni italiane dove si muore troppo presto a causa della mancanza di prevenzione.

È quanto emerge dall'ultimo rapporto dell'Osservatorio nazionale della Salute nelle regioni italiane, progetto dell'Università Cattolica, secondo cui hanno una speranza di vita più bassa le persone che nascono al Sud, in particolare in Campania. Inoltre chi ha un titolo di studio basso ha anche peggiori condizioni di salute.

Le disuguaglianze, si legge nel dossier, sono acuite dalla difficoltà di accesso ai servizi sanitari, che penalizzano la popolazione di livello sociale più basso, e dunque il diritto alla prevenzione.

"Il Servizio sanitario nazionale - sostiene Alessandro Solipaca, direttore scientifico dell'Osservatorio - oltre che tutelare la salute, nasce con l'obiettivo di superare gli squilibri territoriali nelle condizioni socio-sanitarie del Paese. Ma su questo fronte i dati testimoniano il sostanziale fallimento delle politiche. Troppe e troppo marcate le differenze regionali e sociali, sia per quanto riguarda l'aspettativa di vita sia per la presenza di malattie croniche".

IN SARDEGNA - In Sardegna, che si conferma essere la regione dove l’età media delle donne che partoriscono raggiunge il suo massimo (32,7 anni), si va incontro a un rischio di morte prematura più alto.

Un dato molto negativo, si legge nel report, poiché si tratta di morti evitabili con la prevenzione.

Dal punto di vista dell'attività fisica, l'Isola segue un trend opposto rispetto alle regioni del Meridione, che si caratterizzano per la quota più bassa di persone che dichiarano di dedicarsi allo sport nel tempo libero. In Sardegna, il 34% dice di praticare attività sportive in modo continuativo o saltuario.

Quanto alla speranza di vita alla nascita, secondo i dati nell'Isola vivono di più gli uomini e le donne di Cagliari: 83,5 anni. Invece, l'aspettativa di vita inferiore a livello regionale si registra nell'Ogliastra e nel Nuorese, rispettivamente 81,5 e 81,7 anni.

LA RINUNCIA ALLE CURE - Alle disuguaglianze di salute si affiancano quelle di accesso all'assistenza sanitaria pubblica: ossia le rinunce, da parte dei cittadini, alle cure o prestazioni sanitarie a causa della "distanza delle strutture, delle lunghe file d'attesa e dell'impossibilità di pagare il ticket per la prestazione".

Un problema particolarmente grave, che impatta su prevenzione e tempestività della diagnosi.

La Sardegna è la regione in cui si registrano più rinunce a curarsi (14,5%); la migliore la Toscana (5,2%).

Nella classe di età 45-64 anni - dato nazionale - rinunciano ad almeno una prestazione sanitaria il 12% tra coloro che hanno completato la scuole dell'obbligo e il 7% tra i laureati. La rinuncia per motivi economici tra le persone con livello di studio basso è pari al 69%, mentre tra i laureati tale quota si ferma al 34%.

IN ITALIA - In generale, la maggiore sopravvivenza si registra nelle regioni del Nord-est, dove la speranza di vita per gli uomini è 81,2 anni e per le donne 85,6; decisamente inferiore nelle regioni del Mezzogiorno (79,8 anni per gli uomini e 84,1 per le donne).

Il dato sulla sopravvivenza mette in luce l'enorme svantaggio delle province di Caserta e Napoli che hanno una speranza di vita di oltre 2 anni inferiore a quella media nazionale.

Le province più longeve sono quelle di Firenze, con 84,1 anni di aspettativa di vita, 1,3 anni in più della media nazionale, seguite da Monza e Treviso con poco più di un anno di vantaggio su un italiano medio.

(Unioneonline/D)

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