Le giornate ultimamente trascorse sono state variamente segnate dalle polemiche, di differente ambito e tenore, ingenerate dai decessi verificatisi successivamente alla inoculazione dell’antidoto anti covid-19 “AstraZeneca”. Circostanza che, innegabilmente, ha contribuito a gettare nel panico l’intera Eurozona determinando una sospensione della sua somministrazione, da più parti contestata, fino al pronunciamento, probabilmente scontato nell’esito ma non accolto con unanime plauso, dell’Agenzia Europea del Farmaco: il vaccino AstraZeneca è sicuro ed efficace siccome “non può essere associato ad un incremento degli eventi di trombosi”. Da ultimo, sebbene i test Usa su AstraZeneca sembrassero aver confermato che “il vaccino è sicuro”, ora, è notizia recentissima, sembrerebbe instillarsi il sospetto che la società produttrice possa aver incluso dati “obsoleti” nell’informativa inviata alle autorità americane durante le sperimentazioni del proprio vaccino anti-covid condotte proprio negli Stati Uniti. Si dice che “del senno del poi (siano) piene le fosse”, ma raramente, come in questo specifico caso, si sono alternate, ed ancora non sembrano accennare a placarsi, “cantilene” equivoche, illogiche ed incoerenti su quello che è oramai divenuto un vero e proprio “caso”, siccome disancorate, quelle “cantilene” si intenda, da ogni potenziale dato statistico di incidenza significativa. Ma se davvero così è, come di fatto sembra essere, come mai in seno alla società civile continua a serpeggiare la inquietudine, il sospetto, la apprensione per non voler dire il terrore, nei confronti degli antidoti vaccinali e dell’antidoto AstraZeneca in particolare? Questo atteggiamento così radicato e tanto difficile da riconvertire a chi giova, se a qualcuno veramente giova? A pensarci bene si tratta di interrogativi semplici, quasi banali, eppure, io credo, ad una riflessione più attenta, possono apparire devastanti nella loro portata “speculativa” e contenutistica in genere, soprattutto, allorquando si vogliano tenere nella debita considerazione talune circostanze meglio esplicitate in appresso. Intanto, quella per cui oramai, nonostante tutto, è consapevolezza comune assai complessa da revocare in dubbio, sebbene costantemente sottovalutata, quella per cui le vaccinazioni operano unicamente come “avvenimento” collettivo e non individuale, sicchè non basta che ci siano molti soggetti immunizzati per comprimere la soglia di contagio in quanto, come spiegatoci più volte, i soggetti non vaccinati operano da ricettori dei virus che tenderanno a moltiplicarsi e mutare rendendo inefficace la prevenzione anche per i soggetti immunizzati. Quindi, quella per cui la politica, o meglio una certa parte della politica, contraddittoria nella sua stessa impostazione ideologica, ha finora voluto deliberatamente privilegiare un impiego strumentale della accesissima “querelle” e, allo stesso tempo, ha preferito assumere un atteggiamento tutto sommato “colpevole” nella presentazione delle problematiche connesse finalizzandolo, quell’atteggiamento, al conseguimento massimizzante di percentuali di consenso sempre più ampie sul fallace piano sondaggistico generale e sempre meno credibili sul piano della tenuta di un indice di gradimento altalenante siccome sottoposto continuamente a stress psicologico corrosivo sul piano cognitivo. Infine, quella per cui anche tutte quelle medesime forze politiche che, per contro, ed a sentimento, sembravano aver sfoderato l’anti-scienza come strumento di consenso inverso, sembrano oggi aver abbandonato il terreno di scontro solo per favorire la positiva percezione di quella che in realtà è unicamente una rappresentazione morfologicamente distonica della realtà fenomenica utile a sorreggere e giustificare le articolate dinamiche che non solo sorreggono il “Governo Draghi” nel suo complesso considerato, ma anche la sua “maggioranza arcobaleno”, le cui condizioni di esistenza, all’evidenza, non avrebbero mai potuto rinvenire un equilibrio accettabile in seno al precedente esecutivo giallo rosso comunque riproposto, con buona pace dei due terzi del centro-destra (Giorgia Meloni è l’unica ad aver compreso fino in fondo la ricetta insipida del “minestrone” rappresentativo), in salsa tricolore anche nella presente esperienza di Governo tutto sommato rinnovata solo nella nomenclatura per appagare e giustificare gli “appetiti” di tutti coloro, che, quando per carenza numerica, quando per sterile contrapposizione, erano rimasti fuori dai giochi di palazzo. A ben considerare, l’impoverimento del dibattito democratico, l’utilizzo semplificatorio e semplicistico dell’argomentare istituzionale, divenuto sempre meno cristallino (sempre che tale sia mai stato) e attendibile, hanno contribuito, giorno dopo giorno, ad accrescere la percezione della incertezza come fattore destabilizzante per essere venuti meno, contemporaneamente, i meccanismi della sua gestione “globalizzata” e “tipicizzante”. Di conseguenza, si registra, oserei dire quotidianamente, una resistenza ostile, una riluttanza sociale al fenomeno vaccinale declinata in atteggiamenti di autentica avversione, alimentata, con buona verosimiglianza, da “fonti di informazione” di vario genere decisamente tanto distorte e fuorvianti quanto difficili da controllare e giustificare, che rischiano di compromettere, a cagione di un cortocircuito probabilmente volutamente indotto, il buon esito di una campagna di immunizzazione già complessa da perseguire sul piano strettamente pratico per il continuo accavallarsi di difficoltà contingenti legate financo agli approvvigionamenti. Paradossalmente, il disagio psicologico ingenerato dal dilagare di questa pandemia, sembra aver indotto una sorta di meccanismo di detrimento nell’intendimento e nella percezione del rischio con conseguente atteggiamento di indifferenza verso l’obiettivo della cosiddetta “immunità di gregge” (espressione terribile, lo riconosco, sul piano linguistico), e sembra, altresì, aver agito, per converso, come agente amplificatore, come cassa di risonanza dell’espediente del timore nei confronti dell’unico “elemento” potenzialmente salvifico. Il volersi necessariamente nascondere dietro lo scudo del “principio” cosiddetto “di precauzione”, ossia di una politica di timida condotta cautelativa nella gestione degli eventi avversi non ancora compiutamente identificati nella loro portata distruttrice, non ha sortito l’effetto sperato per la conclamata incapacità dei diversi governi europei, e dell’Europa stessa, di adottare provvedimenti proporzionali al livello di protezione da conseguire, essendo venuta meno, per incapacità, per ignoranza e/o per negligenza pura e semplice, la possibilità di procedere celermente e consapevolmente ad un esame dell’impellenza sanitaria vaccinale nei termini strettissimi del paradigma costo/benefici, ed in quelli, altrettanto stringenti, dell’equazione causalità/correlazione. A questo punto, sarebbe probabilmente più utile parlare meno ed agire di più nel tentativo di instillare nella popolazione quel livello di “consapevolezza” utile a ricercare una autentico consenso informato in argomento. Tra obbligo vaccinale, che pure ritengo doveroso, e cosiddetta persuasione gentile, propaganda politica doverosamente a parte, deve sempre prevalere l’informazione, la quale, agisce quale dinamica dialogica sostenitrice, in funzione giustificante, della scelta per l’una o per l’altra via. Se non ora, quando?

Giuseppina Di Salvatore

(avvocato - Nuoro)
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