“Il ritorno della pertosse”: titolano così i principali mezzi di comunicazione nel mondo. In realtà, non è mai scomparsa, essendo endemica nelle nostre aree geografiche. Tuttavia, la sua incidenza è recentemente aumentata.

Si tratta di una malattia infettiva che colpisce tutte le età, ma con più elevata frequenza nei bambini con meno di 5 anni. È causata dal batterio Bordetella pertussis, trasmesso per via respiratoria da un soggetto ammalato.

Dopo un periodo di incubazione di circa 10 giorni, il paziente presenta febbre, secrezioni nasali abbondanti, e tosse di grado lieve o moderato per 7-14 giorni. A questa fase iniziale ne segue un'altra dominata da tosse convulsiva, che può persistere anche per 60 giorni in assenza di terapia antibiotica. Si possono verificare gravi complicazioni cliniche nella fase parossistica della tosse, quali emorragie oculari e nasali, otiti, polmoniti, convulsioni, ed encefaliti. Nei casi più gravi può condurre a morte.

L’immunità conferita dalla infezione non è permanente, ma tende ad indebolirsi con il passare del tempo, rendendo così il soggetto suscettibile a nuove infezioni. Ogni tre-cinque anni si realizzano epidemie rilevanti.

Dopo una limitata circolazione durante la pandemia Covid-19, nel 2023 sono stati segnalati più di 25.000 casi di malattia e più di 32.000 nel periodo gennaio-marzo 2024, soprattutto in neonati ed adolescenti. È stato identificato rischio moderato di malattia anche per anziani e per malati di BPCO, asma, immunodepressi.

Questa recrudescenza epidemica ha più cause: elevato numero di soggetti non vaccinati, mancata circolazione del batterio durante la pandemia Covid-19, calo dell’immunità in alcune fasce della popolazione.

Per i vertici sanitari dell’Unione Europea (ECDC), per modificare sostanzialmente l’attuale quadro epidemiologico, è necessario raggiungere e sostenere un’elevata copertura vaccinale attraverso il completamento tempestivo del ciclo di vaccinazione primaria e dei successivi richiami, in particolare raccomandando l’immunizzazione materna per ridurre la mortalità neonatale. (Foto Ministero della Salute)

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