Come dovranno essere i medici del prossimo futuro? Abbiamo bisogno di conoscere la storia dell'uomo e della medicina perché il passato ci racconta il lento incedere della scienza medica che ha avuto bisogno di tempi lunghissimi per porre basi solide alla conoscenza mentre la velocità dei nostri tempi consente alla scienza di fare ogni giorno passi enormi.

Nel passato il progresso, la conoscenza è stata legata a figure di scienziati rivoluzionari che da soli hanno anticipato ed immaginato il futuro.

Nel presente la conoscenza, il progresso è frutto di grandi organizzazioni, di università, dei laboratori di biotecnologie e della capacità di studiare i big data.

Ma c'è un filo logico che lega presente e passato lontano.

SCOPERTE DEL PASSATO - Era il 1816, René Laennec, allora trentacinquenne, mentre esaminava un paziente affetto da complicanze cardiache si ricordò di una passeggiata nei giardini del Louvre. Due ragazzini giocavano con un lungo bastone e mentre uno ne grattava una estremità l'altro ascoltava all'estremità opposta il rumore prodotto.

Fu una intuizione. Laennec prese un foglio di carta. Lo arrotolò e lo appoggiò sul petto del suo paziente. Il battito del suo cuore fu improvvisamente udibile e chiaro, e lo stetoscopio, un'innovazione che avrebbe cambiato radicalmente la capacità di "sentire il corpo" e poter fare la diagnosi delle malattie dei polmoni e del cuore, era nato.

Ma a Laennec interessava qualcosa di più. Sapere cosa fosse questo ingorgo di liquidi che affliggeva i polmoni di pazienti che avevano il cuore sano.

RAGGI X - Dovettero passare 80 anni prima che W. C. Roentgen scoprisse i raggi x. La loro applicazione clinica fu molto complessa perché per eseguire un radiogramma inizialmente erano necessari più di 20 minuti di esposizione ai raggi x. Fu soltanto nel 1920 che la radiologia divenne una pratica più agile e diffusa che consenti di vedere i polmoni nei quali Laennec, cento anni prima, aveva sentito gorgogliare il liquido descritto nei suoi pazienti. Ma il cammino della diagnosi e delle cure di questa patologia era ancora molto lungo. Perché erano comparse delle variabili cliniche che richiedevano un aiuto esterno che consentisse ai pazienti di poter respirare.

POLMONI D'ACCIAIO - Philip A. Drinker nel 1929 ebbe l'idea di inventare questa macchina che fu chiamata polmone d'acciaio e avrebbe avuto negli anni 50 un ruolo importante nell'affrontare un'epidemia di poliomielite negli Stati Uniti. Bjørn Aage Ibsen si trovò ad affrontare una di queste epidemie. Nel 1952 in Danimarca, nel giro di sei mesi, 2722 pazienti contrassero la polio e 316 di questi andarono incontro a paralisi respiratoria. Bjørn Aage Ibsen decise di aiutare questi pazienti a respirare introducendo per la prima volta una cannula nella trachea per poter mandare aria nei polmoni. Per farlo, visto l'alto numero dei pazienti interessati, coinvolse duecento studenti di medicina affinché pompassero manualmente aria nei polmoni dei pazienti. In questo modo la mortalità si ridusse dal 90% al 25%. E per la prima volta venne creata un'unità di terapia intensiva. Ora dopo 237 anni dalla nascita di Renè Laennec quella stessa patologia viene chiamata Distress Respiratorio Acuto ed abbiamo qualche strumento e conoscenza in più per affrontarla.

MACCHINE E MEDICI - Le macchine, chiamiamole così, sia quelle che supportano le funzioni vitali che quelle che aiutano nella diagnosi hanno ormai e fortunatamente un ruolo centrale nella medicina. Hanno cambiato la medicina ed i medici. Ma alla base della formazione e della cultura medica resta un percorso di conoscenza logica, di ragionamento probabilistico, di studio approfondito del funzionamento della macchina umana e delle sue alterazioni. Le macchine ancora non possono sostituire questi processi al centro dei quali è posto il medico. Ma il percorso è cominciato da molti anni nel momento in cui la medicina dall'essere considerata un'arte è diventata una scienza. Ancora agli inizi del novecento però le conoscenze tra i medici nascevano, si propagavano e si mantenevano soprattutto con il diretto contatto con un caposcuola. Questo tipo di educazione medica era fondata su una sorta di osmosi intellettuale. Dagli anni '50 in poi tutto ha avuto un'accelerazione improvvisa. La scoperta della penicillina, dei vaccini anti polio, dei farmaci anti ipertensivi e cardiovascolari, ha permesso alla medicina clinica di poter usufruire di strumenti terapeutici che hanno rivoluzionato un panorama statico da decenni. La ricerca scientifica, con i progressi in campo terapeutico, si è affermata sia per l'ingegno sperimentale che per l'applicazione di una rigorosa analisi statistica dei dati. A completare il cambiamento mancava il "rigore metodologico". Ossia la sperimentazione che dà valore alla clinica. Per la quale ogni strumento decisionale clinico (diagnosi, prognosi, terapia) deve essere messo alla prova in opportuni esperimenti clinici e solo se supera la prova può essere ritenuto valido. Non più una medicina basata solo sulla esperienza del medico, ma una scienza basata su prove verificate.

DAL PASSATO AL PRESENTE - Tutto questo, passato e presente, deve essere contenuto nella cultura del medico. E quindi noi medici abbiamo bisogno, anzi abbiamo il dovere di conoscere e di applicare le migliori pratiche mediche basate sulle evidenze. Nel frattempo, con gli anni l'epidemiologia dei pazienti è cambiata. Il benessere delle nostre società ha allungato la vita, ma si è accompagnato alle patologie ad esso connesse, obesità, diabete, patologie cardiovascolari. Ma fortunatamente sono state messe a punto nuove tecniche di diagnosi come quelle per immagini che consentono di scandagliare il corpo come mai prima.

NUOVE TECNICHE - Da un lato la complessità dei pazienti, dall'altro la potenza della diagnostica per immagini. La disponibilità di queste tecniche ha fatto esplodere il loro uso spesso dimenticando che queste tecniche servono a confermare un sospetto diagnostico frutto della raccolta di tutti i dati clinici del paziente e non per andare alla cieca alla ricerca della malattia. Ovviamente non sempre è cosi, ma il rischio è reale. Ma per altri versi si è aperta anche la strada a sistemi automatici di supporto alla diagnosi a partire dagli esami di laboratorio. Fino a ipotizzare una malattia e suggerire ulteriori esami per una diagnosi più accurata.

Finora esisteva una gerarchia, chiamiamola diarchia. Da un lato il paziente e dall'altro come unico interlocutore il medico con le sue capacità cliniche frutto dello studio e della esperienza.

L'UOMO AL CENTRO - Possiamo immaginare che questa diarchia resisterà alla innovazione che sta occupando tutti gli spazi di questo rapporto? Finora la tecnica veniva usata dal medico come se facesse parte della sua cultura. Per conservare questa diarchia. Ma sempre più spesso l'innovazione occuperà spazi di pertinenza del medico con macchine che sapranno fare diagnosi precise, consultare ampi data base, avere accesso ai più recenti lavori scientifici, fare interventi chirurgici di precisione. Del resto sono gli stessi pazienti che vogliono sempre più avere accesso alle tecnologie più recenti. Ed allora come dovranno essere i medici, a quale ruolo dovremmo prepararli quando, in un futuro prossimo, "le macchine" saranno protagoniste della sanità? Sappiamo che essa sarà ben diversa da come la conosciamo. Pur tuttavia la medicina è una scienza dell'uomo e come tale deve restare nelle nostre mani.

Antonio Barracca
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