Ormai tutti ne parlano come un fatto certo. Una catastrofe sanitaria dovuta ad una carenza di medici in un prossimo futuro metterà a rischio la nostra salute ed il servizio sanitario come lo conosciamo. Peccato, però, che questi allarmi non siano seguiti da una disamina generale del servizio sanitario, dei nuovi modelli organizzativi necessari ad affrontare i mutati bisogni di salute, dei progressi della medicina, la necessità di una formazione diversa dei medici e del ruolo attivo che gli infermieri devono avere in una moderna organizzazione della sanità.

Tutto sta ruotando attorno alla carenza di medici, ma sarebbe meglio chiamarla relativa perché gran parte dei servizi sanitari dei paesi europei e nordamericani possono contare su un numero di medici per mille abitanti nettamente inferiore al nostro.

Cominciamo dai nostri numeri. Facendo riferimento a fonti sindacali mediche il numero dei medici del servizio sanitario è passato da 118.659 del 2009 a 110.886 del 2017. Quindi una riduzione di circa 8mila medici, 1.000 medici all'anno. I dati della Commissione europea e del Rapporto Eurispes-Enpam ci raccontano anche un'altra storia, e cioè che dal 2005 al 2015 circa 10mila medici sono dovuti andare all'estero per lavorare. Ed ancora ogni anno 1.500 laureati in Medicina vanno via dal nostro paese per frequentare scuole di specializzazione e raramente rientrano in Italia.

Sorvoliamo, ma non troppo, sul fatto che la formazione di un singolo medico costa alla collettività molto poco, e che quindi facciamo un regalo enorme ai paesi che li accolgono. Quel che conta è che perdiamo dei giovani medici ai quali non siamo capaci di dare un'opportunità. Questi vanno in Inghilterra, in Svizzera, in Germania, nel nord Europa, dove trovano subito lavoro perché in quei paesi per l'accesso alla professione il merito conta veramente, le prospettive di carriera sono migliori e le retribuzioni sono molto più alte.

Non solo. Nello stesso periodo anche 7mila infermieri hanno fatto le valige e si sono trasferiti all'estero rendendo ancora più grave la drammatica carenza di infermieri. Ormai si è arrivati a questo punto. Il numero dei medici faceva parte del concetto di pianta organica che veniva calcolato sulla base dei posti letto e sulla loro occupazione. Poi sono intervenuti tutta una serie di tagli correlati al blocco delle assunzioni nella sanità che avevano lo scopo di ridurre la spesa pubblica. Al fondo c'è l'incapacità di conoscere quanti e quali medici servono per venire incontro ai bisogni di salute. Da questo ne consegue la difficoltà di selezionare per tempo il personale necessario.

L'altro grande errore è quello di non a mantenere in servizio oltre l'età pensionabile medici di particolare valore che potrebbero essere fondamentali per la formazione dei giovani medici, per la ricerca scientifica, per mantenere standard elevati di qualità. Perché poi siamo arrivati al delirio quando la regione Veneto sta richiamando in servizio medici già in pensione.

Il cuore degli ospedali è ormai concentrato nelle terapie intensive, nei servizi, in diagnosi rapide e terapie che iniziano quasi prima del ricovero. Degenze brevi e necessità di medici altamente preparati che si prendono in carico ogni singolo paziente e lo seguono fino alla dimissione. Una selezione finalmente basata sul merito è la forza più potente per dare vigore ai nostri servizi sanitari e valore al ruolo dei medici.

ANTONIO BARRACCA - Medico
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