L’Università di Cagliari, il territorio, la ricerca scientifica. Ricerca e terza missione che si innescano nelle comunità locali, favorendo il confronto e l’avvicinamento alla scienza più avanzata. L’occasione, ghiotta e proficua anche per ulteriori contatti tra gli esperti dell’ateneo del capoluogo e i sindaci, è maturata in un incontro tenutosi a Perdasdefogu.

A ritroso nel tempo

Al centro dei lavori il microbiota orale dei nostri antenati. «Parliamo dell’impronta genetica dell’estesa comunità microbica presente nel corpo umano. Il microbiota orale - spiega Germano Orrù, ordinario di Biologia molecolare, dipartimento di Scienze chirurgiche, Università di Cagliari - può influenzare lo stato di salute non solo della bocca, ma, come confermano recenti acquisizioni scientifiche, dell’intero organismo». Una sorta di sentinella, incursore e memoria intelligente. Con importanti ripercussioni per l’uomo. «Le alterazioni del microbiota orale, dovute a cattive abitudini di vita o terapie mediche, possono indurre la disbiosi, un’alterazione dell’equilibrio fisiologico delle ottocento specie batteriche presenti nella cavità orale. Ciò comporta - rimarca il professor Orrù - la diffusione di batteri patogeni-opportunisti dalla cavità orale in altri distretti e il conseguente rischio di malattie degenerative quali artrite reumatoide, cancro al colon retto, malattia di Alzheimer».

Le abitudini delle comunità

Idee, metodi e prospettive del progetto sono stati esposte dall’equipe di Germano Orrù, le ricercatrici del Laboratorio di Biologia molecolare, Alessandra Scano, Sara Fais e Cinzia Casu. «I batteri della cavità orale attraverso la saliva si depositano continuamente nella placca dei denti che si mineralizza e mantiene il Dna intatto per millenni. Così accade anche per i residui alimentari. In questo contesto - hanno spiegato le dottoresse Scano, Fais e Casu - il calcolo dentale rappresenta una formidabile macchina del tempo, in grado di rilevare le malattie e gli stili di vita di soggetti vissuti centinaia di anni fa».

Dall’Ogliastra alla Barbagia

Il percorso - che coinvolge i ricercatori del dipartimento di Scienze chirurgiche dell’Università di Cagliari e i rappresentati dei comuni della Blue zone - è stato fondato sulla possibilità di studiare e confrontare le placche e calcoli dentali dei centenari recenti e di quelli vissuti fino a due secoli fa. In breve, conoscere il passato per capire, e vivere, meglio il presente e il futuro.

«Ripercorrere le abitudini alimentari e lo stato di salute dei nostri antenati evoca - rilancia il professor Orrù - per il nostro territorio un forte valore identitario. Un aspetto sentito e di primo piano per la nostra Università».

Le forze in campo

Il meeting è stato organizzato dalla Fondazione per la tutela dell'identità Ogliastrina e della Barbagia. La Blue zone coinvolge i centri e le comunità montane dell'Ogliastra (Villagrande Strisaili, Arzana, Talana, Baunei, Urzulei, Ulassai e Perdasdefogu), e della Barbagia (Seulo, Tiana, Ovodda, Ollolai, Gavoi, Fonni, Mamoiada, Orgosolo, Oliena). Un dispiegamento di forze notevole, al lavoro per capire come il passato possa aiutare i cittadini del presente.

R. I.

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Cancro al polmone e fumo

I pazienti con cancro ai polmoni che smettono di fumare dopo la diagnosi hanno un miglioramento del 29% nella sopravvivenza globale rispetto ai pazienti che continuano a fumare, secondo uno studio pubblicato sul Journal of Thoracic Oncology, la Gazzetta ufficiale dell'International Association for the Study of Lung Cancer. Lo studio è stato ideato e condotto da un team interamente italiano di ricercatori dell'Istituto per la Ricerca sul Cancro, la Prevenzione e la Rete Clinica di Firenze e dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano.

I dati dimostrano che smettere di fumare migliora la sopravvivenza globale in modo significativo sia per i pazienti con tumore non a piccole cellule, il più diffuso, che per quelli con tumore a piccole cellule o con tumori con istologia non precisata. Esiste una spiegazione biologica per questi dati: il fumo di tabacco promuove la crescita, la progressione e la disseminazione del tumore; diminuisce l'efficacia e la tolleranza alla radioterapia e alla terapia sistemica, e aumenta il rischio di complicanze postoperatorie e secondi tumori primari.

«Il nostro studio suggerisce che i medici curanti dovrebbero comunicare ai pazienti i vantaggi di smettere di fumare anche dopo la diagnosi di cancro ai polmoni e fornire loro il necessario supporto per smettere», ha commentato Saverio Caini dell'Istituto per la Ricerca sul cancro, la Prevenzione e la Rete Clinica di Firenze, primo autore dello studio.

«I nostri risultati riportano al centro del dibattito la necessità di programmi di screening per il tumore del polmone, il più letale di tutti i tumori e allo stesso tempo il più evitabile - continua Sara Gandini, Responsabile dell’Unità di Epidemiologia molecolare e farmacologica e Professoressa di Statistica Medica all’Università Statale di Milano, coautrice del lavoro – Sappiamo che 9 tumori del polmone su 10 sono causati dal fumo di sigaretta e sappiamo che se intercettati per tempo possono essere curati con trattamenti poco invasivi». Disponiamo anche di uno strumento di screening, la TAC a basse dosi, che riduce la mortalità del 25% nei forti fumatori. Occorre un programma di sanità pubblica, associato a iniziative strutturate per la cessazione del fumo. Il nostro studio dovrebbe essere un’ulteriore spinta in questa direzione».

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