Covid, così il virus continua a mutare: cosa ci aspetta in futuro

Cosa ci aspetta per il futuro con il Covid-19 e quali possono essere gli effetti e i meccanismi d’azione dei farmaci antivirali?

SARS-CoV-2 è un virus di cui non conosciamo l’origine, che si è adattato all’uomo rapidamente e ancora più rapidamente si è assestato, generando un ceppo virale altissimamente infettivo per l’uomo, con pochi passaggi, perché il numero di varianti che ha sviluppato è contenuto. Esso attualmente è tra i virus più contagiosi che conosciamo, anche se questo non esclude che continui a variare. Tuttavia, i dati accumulati tendono a ipotizzare di essere vicini al virus “optimo”; non va infatti dimenticato che un virus quando cambia troppo perde la sua capacità infettante. Il virus, infatti, cambia per riuscire a selezionare il ceppo perfetto, quello che replica al meglio, ma per ottenere ciò deve fare miliardi di tentativi di cui solo uno funziona. Esempio è la variante Omicron, tutti gli altri virus variati sono scomparsi. Dunque, è ragionevole pensare che questo virus continuerà a cambiare un po' ma potrebbe non avere più bisogno di cambiare troppo. Questa esigenza del virus di cambiare “il giusto” è il principio su cui fonda la sua azione il molnupiravir; tale farmaco ha la peculiarità di “forzare” il virus a continuare a cambiare immotivatamente; in tal modo si producono ceppi altissimamente variati che, in quanto tali, hanno perso la capacità infettante e sono divenuti innocui. Questo meccanismo di azione di molnupiravir mima ciò che accade già in natura: gli enormi cambiamenti del virus non necessariamente portano a un guadagno, anzi, nella stragrande maggioranza dei casi il ceppo mutato non è infettante e quindi sparisce. La differenza con molnupiravir è che in natura, a forza di variare tantissimo, ogni tanto si manifesta con varianti che in alcuni casi hanno una certa capacità infettante, ma non elevata (come la variante beta e gamma), e quindi poi spariscono, altre volte invece producono un ceppo migliore: la variante Omicron. Attualmente abbiamo solo Omicron come variante; all’interno di essa il virus sta ancora cambiando, anche se in modo più limitato, creando sub-varianti come BA1, BA2, BA3 (che è sparita essendo poco efficace), BA4 e ora BA5 che invece è molto efficiente e replica e infetta tanto. È ragionevole pensare che il grosso dei cambiamenti il virus lo abbia già fatto, ma non ne siamo per nulla sicuri: è solo un’ipotesi (sostanziosa, ma sempre ipotesi) di lavoro. Resta il fatto che variare per un virus non sempre è necessariamente buono. Le varianti in base a come, quanto e dove variano possono creare resistenze. Ad esempio, la variante Omicron è molto diversa dal ceppo originale, tant’è vero che molti anticorpi monoclonali usati nella pratica clinica non si possono più usare perché il virus è diventato resistente. Però, in questa sua variabilità, non è diventato resistente al vaccino che sia pure con fatica continua a funzionare, e non è diventato resistente agli antivirali orali che oggi utilizziamo con successo.

Carlo Federico Perno, professore di Microbiologia e Diagnostica di Immunologia, IRCCS Ospedale Bambino Gesù, Roma

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Andrologia, poca informazione tra gli adolescenti

Una volta c’era la visita militare ma oggi è difficile che i ragazzi abbiano controlli per gli organi genitali. Cosa si può fare?

Solo il 2% degli under 20 è andato almeno una volta dall’andrologo, eppure il 30% dei ragazzi fra 14 e 20 anni ha una malattia andrologica e in un caso su 10 questa potrebbe compromettere la fertilità futura. La maggioranza dei ragazzi italiani non si è mai fatta visitare da un esperto della salute maschile, eppure fra i 14 e i 20 anni uno su tre ha già patologie andrologiche con ricadute sulla fertilità in un caso su dieci. Per aumentare la consapevolezza dei giovanissimi, informarli e fare prevenzione parte nelle scuole la campagna “Amore senza ostacoli” della Società Italiana di Andrologia. La prevenzione deve cominciare invece fino dall’adolescenza, problemi che in questa fase non sono vere e proprie patologie vanno individuati per essere affrontati evitando successive conseguenze come nel caso del varicocele e del rischio di infertilità.

Alessandro Palmieri, presidente, Società Italiana Andrologia

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Dolore cronico, ecco come affrontarlo

Come affrontare psicologicamente il dolore cronico?

Non esiste un solo dolore, bensì una varietà di dolori, che dipendono dall’intensità, dalla durata, dalle conseguenze e anche dalla persona che ne soffre. I dolori acuti non durano molto e rappresentano un segnale di allarme di fronte a un pericolo, come un taglio o una frattura. Altri dolori, definiti cronici, possono persistere per mesi, persino dopo che la causa che li ha prodotti è scomparsa, generando ansia e deflessione dell’umore. Il dolore non è soltanto una sensazione ma anche “un’emozione” che si produce in un dato contesto a cui viene associato un certo significato. L’acquisizione di nuove strategie di accettazione e adattamento al dolore cronico come distogliere l’attenzione con esercizi di respirazione e rilassamento, reinterpretare le sensazioni, accrescere la motivazione ad agire, riprendere progressivamente le attività quotidiane trovando il ritmo migliore compatibile col dolore, aumenta la soglia della tolleranza e ne abbassa le conseguenze emotive e sociali. Una buona alleanza tra terapeuta e paziente è la base per rendere efficaci e utili queste strategie.

Marco Pinna, Psicologo clinico, Centro Bini Cagliari, Clinica psichiatrica e SPDC SS Trinità

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Linfedema e infezioni, binomio pericoloso

Perché nel linfedema sono frequenti le infezioni?

Nei distretti con linfedema vi è un deciso abbassamento delle difese immunitarie a causa di un non perfetto funzionamento del sistema linfatico e/o dei linfonodi. Questo determina una predisposizione per le infezioni batteriche, che possono colpire la parte malata e causare febbre anche alta, arrossamenti, aggravio del linfedema stesso e marcato dolore. Ogni episodio infettivo peggiora notevolmente lo stato di congestione linfatica per cui è di estrema importanza prevenirne l’insorgenza. Inoltre, il marcato aumento di volume degli arti (compresi i piedi) può creare degli sfregamenti con i vestiti e le scarpe, favorendo così micro-lesioni ideali per l’attacco dei batteri. Per prevenire ciò, i pazienti devono eseguire una scrupolosa pulizia e idratazione della loro pelle usando detergenti delicati o antibatterici, evitare tagli, punture d'aghi ed insetti, abrasioni accidentali, sfregamenti e, in generale, qualsiasi trauma alla pelle, anche il più piccolo. È importante inoltre evitare l'esposizione prolungata al sole e alle temperature elevate in generale.

Angelina Floris, specialista in Angiologia all’Ats Sardegna

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