Quanto è importante donare gli organi? Ne ha parlato il dottor Marcello Saba, coordinatore trapianti dell’Azienda ospedaliero-universitaria di Cagliari, nel corso della puntata di “15 minuti con…”, il talk di approfondimento sulla salute dell’Aou di Cagliari, in collaborazione con il gruppo Unione Sarda, condotto dal giornalista Fabrizio Meloni, responsabile Comunicazione e relazioni esterne dell’Aou.

«Il trapianto», spiega il medico, «è un intervento chirurgico che consiste nella sostituzione di un organo o tessuto malato, quindi non più funzionante, con uno sano dello stesso tipo proveniente da un altro individuo, che viene chiamato donatore. Si ricorre al trapianto quando una grave insufficienza d’organo o una grave malattia del sangue non è curabile con altri trattamenti medici; spesso, infatti, il trapianto è una terapia salvavita, come nel caso in cui la grave insufficienza riguardi il cuore, il fegato, i polmoni, l’intestino. Per il rene e il pancreas, il trapianto costituisce la terapia sostitutiva naturale, molto più efficace e tollerabile rispetto alla dialisi o alla somministrazione di insulina. In altri casi, si parla di intervento “migliorativo”, come per il trapianto di tessuti».

Alla base del trapianto c’è la donazione, un atto volontario, consapevole, gratuito e anonimo. L’equazione è semplice: senza donatori non possono esserci trapianti. Chi dona con un gesto d’amore verso il prossimo può dare nuova vita a più riceventi, quindi è importante - per tutti i cittadini che non si sono ancora espressi sulla donazione - capire che donare è una scelta naturale importante e un gesto di grande solidarietà sociale. A oggi, oltre 8.000 pazienti sono in attesa di un organo e per ogni "no" dichiarato in vita dai cittadini il sistema trapianti calcola circa 2,5 mancati interventi. In Sardegna nel 2022 i donatori sono stati 32,7 per milione di popolazione (PMP), dunque sopra la media nazionale: un dato che conferma la qualità della rete trapiantologica nell’Isola.

«Nel nostro Paese», sottolinea Saba, «il tema del consenso alla donazione rappresenta per il sistema trapianti ancor oggi un aspetto non del tutto risolto, essendo tuttora regolato da una legge, la 91/99, risalente quindi ad oltre vent’anni fa e, per di più, da una norma ‘transitoria’: all’inizio la legge stabiliva che chi non avesse manifestato esplicitamente una volontà sulla donazione dei propri organi dopo la morte, dovesse essere considerato un donatore (a ciò si accompagna l’impegno, da parte dello Stato, di informare tutti i suoi cittadini maggiorenni di questa possibilità). Legge poi rivista e definita “transitoria”, inserendo il principio del consenso o del diniego esplicito, ovvero chi vuole può (senza alcun obbligo) esprimere la propria volontà riguardo alla donazione di organi e tessuti; mentre se nulla viene espresso in vita sull’argomento, la legge prevede la possibilità per i famigliari aventi diritto (ovvero coniuge non separato, convivente more uxorio, figli maggiorenni, e genitori) di dare il consenso (o di opporsi) al prelievo per conto del congiunto».

«È in atto un percorso di revisione e aggiornamento della legge 91/99 promosso dal Centro Nazionale Trapianti», aggiunge il medico, «che vede partecipi le istituzioni e le varie professionalità coinvolte con l’obiettivo prioritario di promuovere l’autodeterminazione del singolo individuo attraverso la manifestazione in vita della sua volontà a donare, in modo da ridurre il numero di coloro che non dichiarano. Bisogna ricordare che si può esprimere questa volontà in vari modi: con una dichiarazione scritta da allegare ai propri documenti, nel Comune di residenza, oppure con la registrazione della propria volontà presso la Asl territoriale o il medico di famiglia; il tesserino blu inviato dal Ministero della Salute conservato con i documenti personali; l’atto olografo o la tessera di una delle associazioni di volontariato della donazione o di pazienti».

Luca Mirarchi

© Riproduzione riservata