«I disturbi alimentari, quali ad esempio l’anoressia nervosa, la bulimia nervosa e il disturbo da alimentazione incontrollata (DAI), sono patologie caratterizzate da un’alterata modalità di alimentazione con conseguenze rilevanti sulla salute», spiega il professor Bernardo Carpiniello, direttore di Psichiatria del Duilio Casula, primo ospite della puntata di “15 minuti con…”, il talk di approfondimento dell’Azienda ospedaliero-universitaria di Cagliari, in collaborazione con il gruppo Unione Sarda, condotto dal giornalista Fabrizio Meloni, responsabile Comunicazione e relazioni esterne dell’Aou.

Rileva il professore che «sono implicati fattori di ordine biologico (predisposizione genetica e alterazioni neurochimiche dei centri cerebrali coinvolti nella regolazione della fame), psicologico (come la presenza di tratti psicologici predisponenti quali rigidità, perfezionismo, bassa autostima, eccessiva importanza data all’immagine corporea, alterazione della percezione di sé); microsociale (come alterate dinamiche relazionali in famiglia) e macrosociale (eccessiva enfasi data all’immagine fisica e alla magrezza come fattore di approvazione sociale e di successo); e che in prevalenza il rapporto fra genere femminile e maschile per l’anoressia e la bulimia nervosa è di circa 10 a 1, mentre per il disturbo da alimentazione incontrollata è di 2 a 1».

«In Italia», aggiunge Carpiniello, «si stima che oltre 2 milioni di adolescenti o giovani adulti soffrano di un disturbo alimentare, includendo i casi a espressività attenuata. Circa 10 ragazze su 100 hanno sofferto o soffrono di un disturbo alimentare. La prevalenza dei casi di anoressia riscontrata ogni anno è pari a circa lo 0,5% della popolazione generale, cifra che sale all’1% per la bulimia nervosa e all’1,5% per il DAI. Considerando le forme attenuate, o cosiddette “sottosoglia”, le cifre raddoppierebbero».

«I disturbi alimentari», spiega la seconda ospite del programma, la professoressa Fernanda Velluzzi, endocrinologa responsabile del Centro Obesità del San Giovanni di Dio, «possono evidenziare, fra i loro sintomi, manifestazioni fenotipiche che rientrano nel nostro ambito di competenza: consideriamo ad esempio il caso di una paziente affetta da anoressia che va incontro a disturbi del ciclo mestruale sino al punto in cui scompare, o a ciò che consegue all’assenza del ciclo, ossia la mancata produzione di estrogeni, ormoni importanti per la salute delle ossa che venendo a mancare, quindi, possono incidere in negativo soprattutto nelle più giovani».

«Un altro grave problema è il disturbo da alimentazione incontrollata», prosegue Velluzzi, «in cui le abbuffate di cibo non sono seguite da condotte eliminatorie (come il vomito autoindotto), provocando un aumento di peso, per il quale i pazienti possono rivolgersi a un centro come il nostro o da un nutrizionista. È importante, dunque, che i casi sopra indicati siano trattati da un’équipe di medici che integri il lavoro di psichiatri e psicologi, da un lato, di endocrinologi e nutrizionisti, dall’altro».

Luca Mirarchi

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Prova costume, è già il momento di mettersi in forma

E va bene. Per la prova costume, mettersi a dieta è sicuramente importante per rimettere in forma glutei prominenti e contrastare la classica “pancetta”. Ma non dimenticate di muovervi, con le prime giornate di primavera. Scegliete l’attività fisica che più vi piace, non esagerate con gli sforzi chiedendo sempre consiglio al medico, e poi lanciatevi. Con regolarità. Non solo per la classica “remise en forme” in vista dei primi costumi da bagno, ma anche per modificare positivamente lo stesso tessuto adiposo. Il movimento regolare infatti, aiuta anche a far sì che il tessuto adiposo si mantenga in forma. Così, nel tempo, avremo meno rischi che si deteriori, favorendo l’insorgenza di diabete ed altri problemi. A proporre l’esercizio non solo come strumento di benessere ma come corroborante efficace per la salute delle cellule grasse del nostro corpo, considerando il tessuto adiposo come un vero e proprio organo da salvaguardare e proteggere nella sua attività è una ricerca dell’Università di Copenaghen, pubblicata su Journals of Gerontology. Lo studio ha preso in esame il legame tra invecchiamento, esercizio e funzione del tessuto adiposo proprio per capire quanto il calo di funzionamento delle cellule grasse sia una delle chiavi di benessere nella terza età. La ricerca arriva ad una conclusione molto chiara: se ci si mantiene in forma con l’attività fisica si migliora il benessere del tessuto adiposo e dell’intero organismo. Non pensate insomma che le “maniglie dell’amore” siano solo ed esclusivamente un peso da portare in giro ed un limite per la silhouette. Se si mantiene l’abitudine a fare esercizio per tutta la vita si compensano adeguatamente i danni del tempo e negli anziani in forma le cellule adipose sono in grado di “respirare” più del doppio rispetto a quando avviene a chi soffre di “sindrome da divano”.

Federico Mereta

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