Le infezioni sostenute da virus hanno rappresentato, rappresentano, e rappresenteranno un importante problema clinico e di sanità pubblica. Il mondo virale, la cui eterogeneità è complicata dalla dinamica variabilità che ne caratterizza l’evoluzione, è una minaccia costante per il genere umano.

I virus umani sono agenti biologici capaci di replicarsi solo all’interno delle cellule umane, ragione per la quale l’uomo rappresenta un ospite obbligato ed indispensabile per la loro sopravvivenza.

La pandemia da SARS-CoV-2, responsabile del Covid-19, ha mostrato al mondo intero la grande abilità dei virus di modificare le proprie caratteristiche, soprattutto a seguito di cambiamenti ambientali ed epidemiologici. La variante virale di Wuhan, diffusasi in tutti i continenti a partire da dicembre 2019, ha presentato una sua evoluzione naturale, con occorrenza, durante le diverse ondate della pandemia, di varianti virali che hanno prevalso in termini di diffusione epidemiologica in determinati ambiti spazio-temporali. La replicazione di una popolazione virale conduce all’emergenza di diverse varianti virali, alcune dotate di elevata o ridotta fitness replicativa.

Secondo il principio evoluzionistico darwiniano le varianti virali capaci di replicarsi con maggiore facilità in determinati contesti tendono a selezionarsi e a prevalere rispetto ad altre (ad esempio, la presenza di un elevato numero di soggetti con immunità nella popolazione può favorire la selezione di varianti virali con mutazioni geniche capaci di evadere le difese immunitarie). È stato cosi possibile assistere alla comparsa delle varianti virali alfa, beta, gamma, delta, e omicron (quest’ultima con i suoi sottolineaggi), insieme ad altre caratterizzate da ridotta circolazione e impatto epidemiologico, contraddistinte da un elevata contagiosità (sempre superiore per ciascuna variante di nuova comparsa rispetto alla contagiosità della variante prima prevalente), da una sempre maggiore capacità di superare il sistema immunitario e da una maggiore severità clinica nei soggetti privi di immunità verso SARS-CoV-2.

L’incremento del numero di soggetti con immunità specifica, in associazione ad un elevato numero di soggetti suscettibili all’infezione, ha permesso l’emergenza e la diffusione di varianti virali le cui caratteristiche biologiche erano di vantaggio per il solo virus e non per il genere umano. La capacità del virus di mutare rapidamente la propria struttura e funzioni ha costantemente messo in difficoltà i sistemi sanitari per l’elevato numero di visite e ricoveri conseguenti all’infezione e sfavorito la scelta di opzioni strategiche di controllo e prevenzione, non adeguatamente personalizzate sulla variante virale prevalentemente circolante.

Tale abilità mutazionale dei virus può condurre a fenomeni biologici non frequenti come il salto di specie da animali vertebrati a uomini (evento noto come “spillover”). I virus possiedono una specificità di specie ospite ma, in alcune circostanze, questa può venire meno a seguito di importanti mutazioni geniche. Questo passaggio è favorito da una serie di determinanti e condizioni la cui concomitanza temporale e spaziale è fondamentale. In particolare, elemento cruciale è la cosiddetta pressione dell’agente biologico virale, ovvero l’elevata esposizione spazio-temporale dell’ospite uomo ad un agente virale che infetta tipicamente un animale(/i), l’elevata prevalenza virale nell’ospite animale e la sua frequente trasmissione ambientale: l’interazione frequente tra uomo ed animale infetto, basato su rispettivi comportamenti relazionali, rappresenta un momento chiave per il passaggio di specie, insieme con le caratteristiche genetiche, immunologiche, e fisiologiche dell’ospite uomo.

Le infezioni da SARS-CoV-2 e quella di più recente cronaca dal vaiolo della scimmia (monkeypox) rappresentano nuove problematiche di sanità pubblica per il genere umano causate da fenomeni di spillover. La prevenzione di queste complesse dinamiche biologiche richiede un approccio multispecialistico e multidisciplinare, sintetizzato anni addietro dal concetto di One Health, ovvero salute unica, implicante cioè il coinvolgimento di quelle figure professionali che operano in ambito di medicina umana, veterinaria, ed ambientale.

Un recente studio ha messo in evidenza come i cambiamenti climatici possano aumentare la probabilità di spillover a seguito della modificazione di habitat animali e dell’aumento di interazioni uomo-animali. Gli spostamenti di animali, conseguenti al cambiamento delle temperature, possono favorire nuove convivenze ecologiche e nuovi scambi: alcune caratteristiche fisiologiche possono favorire l’adattamento dei virus a nuove specie animali e conseguenti infezioni in nuovi ospiti. L’elevata contagiosità di alcuni agenti biologici attraverso specifiche modalità di trasmissione può favorire una rapida diffusione epidemiologica in un gruppo di popolazione umana non immune di fronte ad una nuova specie virale. Come nel caso di SARS-CoV-2 la trasmissione respiratoria ha favorito l’occorrenza di una pandemia caratterizzata da milioni di infetti e migliaia di decessi.

Le stime di modelli epidemiologici prevedono non solo stagioni più calde ma anche caratterizzate da elevati tassi di malattie causate da agenti biologici nuovi.

È evidente, quindi, la necessità di interventi orientati non solo ad evitare il riscaldamento globale ma anche a proteggere la popolazione umana e animale da trasformazioni ecologiche. Azioni orientate a migliorare le politiche agricole e di urbanizzazione, alla preservazione di foreste, alla riduzione delle attività con combustibili fossili possono modificare in senso positivo gli eco-sistemi.

Giovanni Sotgiu

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