L'Aids continua a mietere vittime, e secondo gli ultimi dati presentati a dicembre del 2018 i nuovi casi ogni anno sono circa 70, con un'incidenza elevata nella fascia tra i 25 e i 29 anni.

A ricordarlo anche Brunella Mocci, presidente di Lila Cagliari (Lega italiana per la lotta contro l'Aids), che ne ha parlato in apertura del convegno "Hiv e giovani: un problema virale", che si è tenuto nei giorni scorsi alla Cittadella Universitaria di Monserrato.

Organizzato dalla sede cittadina della Lila e dall'associazione "Farmacia Politica", patrocinato dall'Università degli studi di Cagliari, all'incontro, affollatissimo, aperto dalla rettrice Maria Del Zompo, sono intervenuti studiosi e ricercatori da anni impegnati nella prevenzione e nella cura della malattia.

"Anche in Sardegna i casi sono in aumento - denuncia Brunella Mocci - e una delle ragioni è proprio che di Hiv non si parla: da quando non ci sono più tante morti per Aids perché le terapie permettono alle persone ammalate di vivere a lungo non si parla più di prevenzione". In realtà, solo una corretta informazione, la disponibilità a fare i test sierologici e l'abitudine a rapporti sessuali protetti garantisce contro la diffusione del virus.

PAURA E IGNORANZA - Secondo i dati presentati da Aldo Manzin, professore di Microbiologia dell'Ateneo cagliaritano, dal 2000, quando sono state individuate terapie efficaci, a oggi il numero di morti per Aids nel mondo è passato da un milione e mezzo a 900 mila. Anche la durata e la qualità della vita delle persone sieropositive è migliorata notevolmente. Ciò che non è cambiato, invece, è la percezione della malattia. C'è ancora molta paura intorno all'Aids, e stigma e discriminazione colpiscono i sieropositivi. C'è un ignoranza diffusa sulle modalità del contagio: ancora in troppi sono convinti che basti bere dalla stesso bicchiere di un sieropositivo per ammalarsi, o che sia sufficiente stargli vicino.

IMPORTANZA DI INFORMARE - Secondo i dati del professor Manzin, nel 2017, le nuove diagnosi di Hiv attribuibili a rapporti sessuali non protetti sono l'85% di tutte le segnalazioni. Oltre la metà dei casi segnalati era già in fase avanzata di malattia. Per questa ragione un'informazione capillare e costante può fare la differenza.
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