Aborto, in Sardegna meno del 30% delle donne si rivolge ai consultori familiari
Istat: le strutture di assistenza e consueling dell’Isola «poco coinvolte» nel percorso che porta alle interruzioni di gravidanza, che sono quasi 1.400 ogni annoL'attività sessuale tra i giovani inizia sempre prima e coinvolge un numero maggiore di partner. «Questa trasformazione, associata al rinvio della maternità, lascia alla donna la gestione di numerosi anni (circa 12) durante i quali deve limitare il rischio di gravidanze indesiderate». Nonostante ciò in Italia «il ricorso all'aborto è in costante diminuzione», tanto che tra il 1980 e il 2022 è calato del 68 per cento, passando da 208mila a poco più di 65mila. Quindi «non sembra essere utilizzato come mezzo per limitare le nascite, piuttosto come extrema ratio».
È quanto emerge dal rapporto dell'Istat “L'interruzione volontaria di gravidanza in un'ottica generazionale”, che fa anche il punto sul ruolo dei consultori presenti sul territorio nell’attività di supporto e assistenza alle donne che intendono fare ricorso all’aborto. E, sottolinea il report, la Sardegna è una delle regioni dove queste strutture sono «poco coinvolte», per quanto riguarda il percorso che porta all’interruzione di gravidanza, dalla consegna di documenti e certificati, numero di colloqui e controlli post-IVG.
CONSULTORI, I DATI – Nell’Isola (dati 2022) si effettuano infatti in un anno 1.382 interruzioni di gravidanza, ma i colloqui pre-interruzione presso i consultori familiari tra specialisti e donne che intendono abortire sono 260, i certificati rilasciati 221 e i colloqui post-interruzione 97.
Per fare un paragone, in Friuli Venezia Giulia, che ha meno abitanti della Sardegna (1,3 milioni contro 1,6) a fronte di 1.219 interruzioni di gravidanza i colloqui pre-IVG sono addirittura 937, i certificati rilasciati 692 e i controlli successivi all’IVG 612.
Eppure, sottolinea l’Istat, «i Consultori Familiari sono stati istituiti nel 1975 con la Legge 9 luglio 1975, n. 405 che ne definisce chiaramente il ruolo determinante in tutti gli ambiti che riguardano la salute della donna, tra cui contraccezione, gravidanza e IVG. I punti di forza sono costituiti dalla loro prossimità e diffusione sul territorio, oltre all’équipe multidisciplinare e a un’integrazione tra sanitari e personale sociale; ciò consente la presa in carico della donna lungo tutto il percorso assistenziale». Ma, come detto, nell’Isola, tali strutture, vengono «coinvolte poco» (precisamente in meno del 30% dei casi), così come accade in Molise, nelle Marche, in Abruzzo e in Basilicata.
SESSO PRIMA DEI 16 ANNI – Il rapporto Istat fornisce anche una “fotografia” della sessualità degli italiani, soprattutto per quel che concerne le nuove generazioni. «Gli ultimi dati del 2022 riportano che il 21,6 per cento dei ragazzi e il 18,4 per cento delle ragazze dichiara di avere avuto il primo rapporto sessuale completo prima dei 16 anni. Con l'utilizzo di metodi contraccettivi sempre più efficaci, in particolare la pillola d'emergenza il cui utilizzo è cresciuto in Italia, "le donne riescono a raggiungere parzialmente l'obiettivo di ridurre le gravidanze indesiderate ma c' è ancora strada da fare per parlare di una vera e propria rivoluzione contraccettiva", precisa l'Istat. In particolare, rispetto alla pillola del giorno dopo c'è stato un incremento delle vendite (+79 per cento) dal 2015 al 2018, grazie all'eliminazione dell'obbligo di prescrizione sia per le maggiorenni sia per le minorenni.
OBIEZIONE DI COSCIENZA – Nel report si affronta anche il tema dei medici obiettori. «Resta il problema – scrivono i ricercatori Istat - dell'obiezione di coscienza: negli ultimi anni la percentuale di medici obiettori è diminuita e nel 2021 si ferma a 63,4 per cento. Sappiamo che il numero di interruzioni volontarie di gravidanza si è invece ridotto in maniera considerevole: tra il 2005 e il 2021 si è più che dimezzato. Questo non può che avere ridotto il carico di lavoro dei ginecologi non obiettori».
Tuttavia, conclude il report, «criticità maggiori risultano più diffuse nelle regioni del Centro e del Sud del Paese, sebbene in solo tre strutture viene superato il numero di 10 aborti settimanali per ginecologo: una si trova in Abruzzo, una in Campania e una in Sicilia».