L’ammissibilità delle imprese che dichiarano reddito agrario al credito

d’imposta per investimenti nel Mezzogiorno – il cosiddetto Bonus Sud previsto dall’articolo 1, comma 98 e seguenti della legge n. 208/2015 – è stata a lungo oggetto di dibattito.

Una recente pronuncia della Corte di giustizia tributaria di Taranto (897/3/2025) ha confermato il diritto all’agevolazione anche a questi soggetti.

Si ricorda che l’agevolazione in commento è destinata alle imprese che investono in beni strumentali nuovi nelle regioni del Mezzogiorno. Tra i soggetti beneficiari, la norma include espressamente anche le imprese attive nella produzione primaria di prodotti agricoli, nonché nei settori della pesca, dell’acquacoltura, e della trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli.

La locuzione usata dal legislatore, però, lasciava il dubbio sulla posizione degli agricoltori individuali o delle società semplici che dichiarano reddito agrario ai fini fiscali, cioè non classificati come titolari di reddito d’impresa in base all’articolo 55 del Tuir.

Nel contesto, la norma in esame non limita il beneficio ai soli titolari di reddito d’impresa, in quanto il riferimento alle «imprese» include civilisticamente anche gli imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 del Codice civile. Inoltre, a ben vedere, non esiste alcuna disposizione che li escluda esplicitamente dal beneficio come, invece, accade per le imprese operanti, ad esempio, nel settore della siderurgia e dei trasporti.

Il Fisco, dal canto suo, ha sempre confermato che solo gli agricoltori con reddito d’impresa potevano accedere al bonus. In tale discussione si è introdotta la giustizia tributaria, dapprima con la sentenza 1536/2024 della Cgt di Bari riguardante un agricoltore individuale che aveva beneficiato del bonus per investimenti vedendosi notificare un atto di recupero da parte dell’agenzia delle Entrate.

In quel caso, i giudici di primo grado pugliesi hanno concluso che il ricorrente non poteva escludersi dal bonus atteso che la norma lo riconosce a tutte le «imprese» in senso ampio, includendo così anche gli imprenditori agricoli non commerciali. Di fatto, l’elenco delle esclusioni previsto al comma 100 si basa esclusivamente sul settore di attività e non sulla natura giuridico-fiscale del soggetto beneficiario.

Sullo stesso filone la sentenza della Cgt Taranto in commento ha ritenuto di condividere pienamente il ragionamento. Richiamandosi al dato letterale della norma, quindi, i giudici tarantini hanno evidenziato la piena estensione dell’agevolazione alle «imprese attive nel settore della produzione primaria di prodotti agricoli», ammesse al beneficio seppure nei limiti fissati dalle disposizioni comunitarie.

Alessandro Sacrestano

(Estratto da “Norme e tributi Plus Fisco”, Il Sole 24 Ore, 3 settembre 2025, in collaborazione con L’Unione Sarda)

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