Stipendi, nel 2026 battuta d’arresto della crescita reale
Per l’Osservatorio WTW, dopo che nel 2025 è stato recuperato il 2,2%, il prossimo anno l’aumento del potere di acquisto si fermerà all’1,8%Per restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Sono settimane queste in cui i direttori delle risorse umane hanno ormai archiviato gli ultimi ritocchi dei loro budget, che in questi ultimi anni sono stati pesantemente condizionati dalla crescita dell’inflazione. Gli aumenti contrattuali e gli scatti hanno finito con l’assorbire la gran parte delle somme relative alla parte fissa. In futuro, se l’attuale tendenza al contenimento dell’inflazione continuerà, potrebbe ripartire una dinamica diversa sulle buste paga, anche se ci sono due grandi temi di cui tenere conto.
Il primo è il turn over che si mantiene ancora elevato, per il quarto anno consecutivo al di sopra del 10%, segno di un mercato del lavoro piuttosto vivace, il secondo sono gli interventi necessari per rispettare la direttiva europea sulla trasparenza retributiva che entrerà in vigore a giugno dell’anno prossimo.
Le previsioni
Sull’anno che verrà Edoardo Cesarini, amministratore delegato di WTW (Willis Towers Watson), società specializzata nella consulenza per il benessere e la crescita delle persone e la gestione dei rischi, è positivo «pur in un contesto non semplice per le aziende, caratterizzato da grande instabilità geopolitica e da una fase di profondo cambiamento di alcuni settori, come le automotive: in Germania sta vivendo la crisi maggiore, ma ci sarà un impatto anche sull’Italia. I direttori delle risorse umane, inoltre, sono sempre alle prese con un elevato turn over. Nel 2025 il dato è del 10,1% e questo ha un impatto sui budget retributivi, soprattutto quando si assumono le persone dal mercato o si devono trattenere i talenti. Per figure altamente specializzate e ricercate, come i data analyst, spesso significa anche proporre aumenti del 15%».
La società prevede che nel 2026 ci sia una crescita reale delle retribuzioni dell’1,4%, a fronte di una crescita nominale del 3,2% e di un’inflazione all’1,8% (secondo le previsioni internazionali realizzate da Oxford economics). La crescita reale del 2026 sarà più bassa del 2025 (+2,2%, con una crescita nominale del +3,2% e un’inflazionedell’1%), secondo quanto emerge dall’Osservatorio 2025 della società guidata da Cesarini che è stato realizzato analizzando un campione formato da 793 aziende italiane, con 496mila osservazioni individuali. A livello generale, «possiamo dire che l’inflazione continua e continuerà a incidere in modo significativo, visto che prevediamo che nel2026 le retribuzioni vedranno un’ulteriore diminuzione rispetto all’anno in corso - interpreta Cesarini -. Le previsioni per il 2026 mostrano infatti una certa prudenza da parte delle aziende, confermando il trend del 2024 edel 2025. I direttori delle risorse umane, anche il prossimo anno, continueranno a dare molto peso alle competenze, soprattutto per l’utilizzo dell’intelligenza artificiale e per lo sviluppo dei sistemi che ne fanno uso in modo efficace e responsabile».
Il confronto internazionale
Sul 2026, l’indagine di WTW fa un confronto a livello europeo, delineando un quadro non così eterogeneo se consideriamo la crescita reale delle retribuzioni. Se, però, escludiamo il Belgio che è un caso a sé. Ad esempio, la Francia registra un livello di crescita mediana simile all’Italia (3,3%) e, a fronte di un’inflazione all’1,8%, avrà una crescita reale delle retribuzioni pari all’1,5%, mentre la Germania avrà una crescita reale dell’1,7% (con +3,5% di incremento nominale e un’inflazione all’1,8%). Il Belgio invece avrà una crescita reale del 2,4%, trascinata da una crescita nominale del 4% e da un’inflazione all’1,6%. Il bilancio degli ultimi anni
«Negli ultimi due anni - spiega Cesarini - abbiamo registrato una dinamica positiva, seppur non sufficiente a recuperare la perdita del passato: stiamo parlando di una crescita reale delle retribuzioni del +1,5% nel 2024 e + 2,2%nel 2025. Da anni l’inflazione sta definendo l’andamento delle retribuzioni nel Paese, nel 2022 c’è stata una perdita del potere di acquisto del 4,6%, con un’inflazione che ha raggiunto il 7,9% e una crescita nominale del 3,3%, mentre nel 2023 c’è stata una nuova perdita dell’1,8% con un’inflazione del 5,5% e una crescita nominale del 3,7%».
Andamento di fisso e variabile
La dinamica della retribuzione fissa (Total Guaranteed Compensation) negli ultimi 12 mesi è risultata superiore al 4% (media di +4,9%) per tutte le categorie contrattuali: cresce in particolare per i dirigenti (+17,2%) e per i quadri (+15%), ma l’incremento è significativo anche per gli impiegati e gli operai (+11,8%). La Actual Total Annual Compensation, che comprende anche elementi variabili come i bonus, nel corso degli ultimi 12 mesi è aumentata in media del +5,4% (dal +5,1% del 2024). La ricerca WTW rileva inoltre che, nel 2025, l’ammontare dell’aumento della retribuzione fissa più frequente è tra il 3 e il 5%. Una persona su 6 ha avuto un aumento pari o superiore al 10%, mentre un terzo ha avuto un avanzamento nullo o inferiore al 3%.
Dinamica retributiva per settore
A guidare la crescita delle retribuzioni è in particolare il settore finanziario. Dalla ricerca WTW emerge che negli ultimi 12 mesi il settore Financial Services (+5,7%) ha visto gli incrementi maggiori sulla componente fissa, mentre il Pharma, tra tutti, ha registrato l’incremento più basso (+4,4%). Se guardiamo alle famiglie professionali, secondo la ricerca di WTW spiccano il Marketing con +5,2% e l’Ict con +4,3%.
La questione di genere
La dinamica della retribuzione fissa tra 2023 e 2024 è stata leggermente a favore delle donne (+5,1%) mentre gli uomini hanno registrato aumenti del +4,8%. Lo stesso vale anche per la componente variabile (+6% per le donne e +5,5% per gli uomini). Questo però non basta per frenare il gender pay gap che nel 2025 torna a crescere lievemente con un incremento medio di 0,2 punti rispetto all’anno scorso (15,2%), raggiungendo quest’anno un valore di 15,4%. Si conferma inoltre la dinamica per cui il Gender Pay Gap cresce all’aumentare del livello di inquadramento (12% per i dirigenti, 7,2% per i quadri, 5,8% per gli impiegati e 4,4% per gli operai). A parità di complessità del ruolo risulta pari al 3,7% nel 2025 (4,5% nel 2024). Le aziende con presenza femminile almeno pari a quella maschile in Italia sono meno del 15% e solo il 16% delle donne rientra nella popolazione top executive. I livelli di Gender Pay Gap sono più alti soprattutto per settori quali servizi finanziari (oltre 25%), leisure (quasi 20%) e business services (18%), mentre sono più bassi per risorse naturali (meno del 10%), trasporti (meno del 10%) e beni di consumo (9%).
Secondo Cesarini, un tema che dovrebbe trovarsi in alto nelle agende dei direttori delle risorse umane «è il Gender Pay Gap di cui le aziende devono necessariamente rendersi conto per provare a cambiare le cose. Se le grandi sono più strutturate e stanno già affrontando il tema, quelle più piccole no e rischiano di non trovarsi pronte quando a giugno dell’anno prossimo entrerà in vigore la EU Pay Transparency Directive, che dal 2027 imporrà la trasparenza retributiva nelle aziende: ci auguriamo che possa comportare minori differenze di genere a livello retributivo e una maggiore equità salariale. Sicuramente dal mio punto di vista si tratta di una grande opportunità dove però dobbiamo trovare dei razionali per spiegare le differenze retributive che ci saranno, perché, per esempio, quando si fanno assunzioni dal mercato spesso si devono offrire compensi più alti per ragioni di attrattività e quindi ci si ritrovano delle eccezioni».
Cristina Casadei
(Estratto da “Norme e tributi Plus Lavoro”, Il Sole 24 Ore, 25 novembre 2025, in collaborazione con L’Unione Sarda)
