Si ricandida vent’anni dopo la prima volta. Perché?

«Vent’anni fa ero totalmente impegnato nel mio lavoro, vivevo la crescita e le soddisfazioni della mia azienda. Ma già vedevo tanta disattenzione verso la tutela dell’ambiente e delle coste, e stavano spuntando le prime torri eoliche tra Sanluri e Villanovaforru. Pensai che se non mi fossi impegnato avrei perso il diritto di lamentarmi. Così dopo aver rifiutato varie volte una candidatura, accettai».

Tutti sappiamo come è andata. E adesso?

«Non potevo restare immobile davanti al disastro di cinque anni di Giunta di destra e all’assenza di dibattito e proposte da parte del Pd. Ho prima provato a stimolare il confronto all’interno del centrosinistra, chiedendo le primarie, ma inutilmente. Hanno preferito infilarsi un vicolo cieco, con una proposta politica sbagliata, affidata al M5S».

È cambiato dal 2004 a oggi?

«Tanto. Adesso ho quattro nipoti, ho visto la vita andare avanti. Da giovane ho conosciuto crescita e successi. Adesso ho affrontato anche le cadute: processi da cui sono stato assolto, sconfitte, incidenti, difficoltà. Voglio mettere in campo questa capacità di rialzarsi e dire che anche la Sardegna può farlo».

Renato Soru parla al telefono mentre attraversa da sud a nord la Carlo Felice, diretto a uno dei tanti incontri elettorali di questi giorni, che per lui sono iniziati al termine della scorsa estate. Quando già si capiva che sarebbe tornato in campo.

«Ho pensato che ci volesse una storia politica nuova, certamente non di destra e lontana da giustizialismo e ambiguità dei Cinquestelle. E non pilotata da imposizioni romane».

Il suo primo provvedimento se sarà eletto governatore.

«La legge statutaria. Possiamo disegnare quello che siamo e che vogliamo essere, definire i poteri di Giunta e Consiglio e avere la possibilità di ammodernare la Regione, con la sua organizzazione pietrificata dal 1977. Poi l’urbanistica: interverremo per fare in modo che il Ppr possa funzionare nel migliore dei modi, facilitando e rendendo cogente l’approvazione dei diversi piani urbanistici comunali».

Chiunque sia eletto si troverà con una continuità territoriale in scadenza e poco tempo per trattare con l’Ue.

«Non mi piacciono i tentativi di innovare e fare miscugli di vari sistemi: il risultato sarebbe un disastro. Io so che si può presentare un progetto nuovo con una tariffa minima per i sardi, mentre per i passeggeri non residenti bisogna prevedere un tetto massimo: un prezzo ragionevole. Farei leva su quello che è il nuovo pilastro delle politiche europee, ovvero coesione e connessione. E poi: l’Italia non è solo Roma e Milano, bisogna allargare la rete ad altre città italiane e europee. Penso a collegamenti con almeno otto aeroporti».

A proposito: cosa pensa del progetto di fusione dei tre scali sardi?

«Sono totalmente contrario alla privatizzazione e alla concentrazione del controllo in capo a un unico soggetto. Nonostante F2i sia un fondo d’investimento quasi statale, perché dentro ha Cassa depositi e prestiti, un fondo segue certe regole, cioè garantire un reddito agli investitori. Trovo impensabile che le porte d’accesso dell’Isola siano date in mano a un privato».

Energia: l’Isola è ancora senza metano. Ed è assediata dagli impianti eolici e fotovoltaici.

«È in atto più di un attacco. In questo momento stanno espropriando i terreni degli agricoltori sardi, sulla base di decreti e provvedimenti del governo Draghi prima e Meloni ora, per realizzare mega impianti eolici che sono stati approvati solo dal ministero dell’Ambiente. Tutto deciso a Roma, senza pareri della Regione e coinvolgimento delle comunità. La Regione ha tutti gli strumenti per decidere sul suo futuro energetico: Statuto e Costituzione sono chiari e indicano la strada che dovremmo percorrere. Un vero furto delle nostre risorse, una prepotenza insopportabile davanti alla quale occorre reagire».

Come si ferma l’assalto?

«Utilizzando i poteri e le prerogative che spettano ad una Regione a Statuto speciale. Governeremo la transizione. Il mondo è cambiato e ora l’energia la possiamo produrre in casa con sole e vento, e immagazzinarla producendo idrogeno verde: lo faremo con una Società elettrica regionale per abbattere le bollette delle famiglie e delle imprese sarde».

Nel frattempo i Moratti hanno ceduto il controllo della Saras alla Vitol.

«Sì, e non dimentichiamo che quella di Sarroch è una delle tre principali centrali elettriche dell’Isola, insieme a Portovesme e Porto Torres. La transizione energetica forse non si completerà nel 2025 ma di sicuro non arriveremo al 2050, come sostiene qualcuno. Quindi dovremo anche occuparci della transizione lavorativa per non lasciare a casa nessuno. Dobbiamo creare impiego con la produzione di pannelli fotovoltaici e di componenti per gli impianti eolici».

Rifarebbe l’accordo sulle Entrate con Prodi del 2006? La Regione si accollò le spese su sanità, continuità territoriale e trasporto pubblico locale.

«Certo che lo rifarei. L’intesa garantì un maggiore introito di 2,5 miliardi di euro. Nel 2009 Cappellacci, da candidato, disse che avrebbe subito cancellato quel contratto. Ma da governatore non lo fece. E lo hanno tenuto stretto, dopo di lui, Pigliaru e Solinas».

Nella Coalizione sarda ci sono gli indipendentisti di Liberu, ma lei non è un indipendentista.

«Quello di Liberu è un indipendentismo moderno, che ha a cuore autogoverno e autodeterminazione in un contesto europeo e italiano. Lo scenario globale ci ha portato a un superamento degli Stati tradizionali e ha reso necessarie tante cessioni di sovranità, dalla politica fiscale a quella del debito comune. E allo stesso tempo gli stati nazionali devono devolvere competenze verso il basso».

È vero che c’è stato un dialogo su una possibile alleanza tra lei e il Psd’Az nei mesi scorsi?

«Non ho mai parlato con esponenti sardisti di temi simili. Io contrasto nettamente l’esperienza di questa destra. Detto ciò, il Psd’Az ha una storia nobile e centenaria, che per tanto tempo non è stata succube dei processi secessionisti della Lega. In futuro ci si dovrà parlare per coinvolgere anche i Quattro mori in un progetto maggioritario in Sardegna».

A un certo punto della legislatura circolò l’ipotesi che lei potesse diventare consulente dell’assessora all’Industria.

«È una sciocchezza. Tutto può succedere, ma uno con la mia storia personale, imprenditoriale e politica non può fare il consulente. Io da tempo sono tornato a guidare la mia azienda, ed era normale incontrare l’assessora su temi connessi».

Lei è ancora presidente del Cda di Tiscali e Tessellis? 

«Sì. L’intenzione è quella di dimettermi. Forse lo farò prima del voto del 25 febbraio. Ma si tratta di una società quotata in borsa e lo devo comunicare con le maniere dovute». 

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