Tra i big arrivati in Sardegna per questa campagna elettorale sprint sotto l’ombrellone, mancava ancora il suo nome. Alla fine Matteo Renzi, leader di Italia Viva e alleato con Azione di Carlo Calenda nel Terzo Polo, ha ascoltato gli appelli dei suoi candidati sardi. E oggi alle 16 è a Cagliari, a Palazzo Doglio, per incontrare simpatizzanti ed elettori nell’unica tappa isolana del suo tour.

Il vostro obiettivo dichiarato è il Draghi bis, ma il premier ha ribadito di non essere disponibile. Come la mettiamo?

«Cosa avrebbe dovuto rispondere il Premier nella conferenza stampa? Il suo no è un sintomo di serietà e rispetto per la competizione elettorale. Poco prima della caduta del Governo Conte molti commentatori dicevano che Draghi non era disponibile a fare il Premier e invece l’abbiamo portato a Palazzo Chigi, anche contro il volere del Pd che ci chiamava irresponsabili e aveva allora in Conte un “punto di riferimento fortissimo”. Proveremo a rifare lo stesso».

Ci parli dell’accordo con Calenda: chi ha convinto chi?
«Io e Calenda abbiamo governato bene insieme. Al di là di piccole differenze abbiamo la stessa idea di Paese. Ci siamo parlati e siamo arrivati a una sintesi: sarebbe stato incomprensibile andare divisi, non certo correre insieme e costruire una casa comune».

Si dice che non vi amiate e che la vostra sia un’alleanza di convenienza, durerà?
«Ci candidiamo a governare, non ad andare in vacanza insieme. Non vogliamo mandare in Parlamento gente simpatica, ma capace e seria. Il nostro non è un cartello elettorale, tenteremo di costruire Renew Europe, il gruppo europeo di cui facciamo parte entrambi, anche in Italia. Non avrei fatto un passo di lato se non avessi pensato che il progetto del Terzo Polo fosse più importante delle ambizioni personali».

Realisticamente, arriverete al 10%?
«Noi puntiamo a fare bene, il 10% è a portata di mano ed è la percentuale che serve per impedire a Giorgia Meloni di fare il Premier. Andremo bene, ma come è noto più che gli exit poll mi appassiona la politica. Con una piccola truppa di parlamentari abbiamo mandato a casa Conte, il più popolare nei sondaggi, per portare Mario Draghi, il più competente».

Se al centrodestra servissero anche i vostri voti per governare fareste l’accordo con Meloni, Salvini e Berlusconi?
«Non appoggeremo mai Giorgia Meloni Premier e saremo lealmente all’opposizione del suo eventuale Governo. Il nostro obiettivo è quello di creare un esecutivo con chi ci starà e riavere Draghi a Palazzo Chigi».

Cosa serve all’Italia?

«Una parola che le racchiude tutte: sviluppo. Dalle infrastrutture che servono al Paese, ai rigassificatori, all’energia nucleare pulita, a una burocrazia meno opprimente, al lavoro. Noi siamo il polo del sì alla crescita, contro i signori del no a tutto».

Reddito di cittadinanza, perché volete cancellarlo?
«Il reddito di cittadinanza è una misura sbagliata non solo per le truffe che hanno portato nelle tasche di furbetti e criminali il denaro delle tasse dei cittadini con chi viene finanziato, denaro guadagnato con il lavoro e il sacrificio, ma anche e soprattutto per un motivo culturale: lo Stato deve investire in lavoro, non in sussidi. Noi proponiamo che al primo rifiuto di un’offerta di lavoro il percettore perda il diritto a riceverlo».

Sanzioni alla Russia e crisi energetica, come se ne esce?
«Le sanzioni alla Russia sono sacrosante: non si può lasciare impunita l’invasione di un Paese sovrano. Per quanto riguarda la crisi energetica, serve un tetto europeo al prezzo del gas, servono i rigassificatori di Piombino e Ravenna, basta con i veti delle sovrintendenze sulle rinnovabili, basta con i no al nucleare pulito. Bene gli aiuti immediati del Governo a imprese e famiglie: dopo di che, quelli che oggi chiedono a Draghi di fare di più, sono gli stessi che lo hanno fatto cadere. Avere un Governo nel pieno delle sue funzioni avrebbe lasciato molto più spazio di manovra».

Lega e FdI non hanno votato la condanna dell’Ungheria di Orban al Parlamento Europeo, cosa ne pensa?
«Più che per la democrazia io credo che Meloni e Salvini rappresentino un pericolo per i nostri portafogli. Stare dalla parte di Orban significa stare contro l’Italia: l’Ungheria è il Paese dei veti sulla redistribuzione dei migranti e del no al Pnrr, su cui i finti patrioti di Giorgia Meloni si sono astenuti più volte in Europa. Più che Fratelli d’Italia, sono fratellini d’Ungheria».

Perché la ministra Bonetti capolista alla Camera in Sardegna?

«Elena Bonetti è stata una Ministra seria e capace: sarà attenta alle esigenze dei sardi e potrà portare la loro voce in Parlamento. Dal family act all’impegno sulla parità di genere, il lavoro che ha svolto parla per lei».

Il principio dell’insularità in Costituzione: cosa di deve fare per renderlo concreto?

«Averlo portato in Costituzione è stato un grande traguardo, raggiunto anche grazie alla coesione fra le forze politiche. Finalmente lo svantaggio dettato dalla condizione di insularità della Sardegna potrà essere colmato. Ora occorre far valere quel principio in sede europea e nazionale perché non resti una mera dichiarazione d’intenti, con lo stesso spirito di collaborazione fra partiti».

Continuità territoriale, Volotea e Ita hanno appena annunciato che non garantiranno più il servizio senza compensazioni.

«La continuità territoriale non è un vezzo, ma un’esigenza primaria da garantire per persone e merci. Mi auguro che la Regione intervenga con la dovuta efficacia ma il problema si risolve soprattutto a livello europeo. Sono d’accordo con l’idea di tariffe agevolate per i turisti: se una famiglia spende centinaia e centinaia di euro per arrivare in Sardegna, non aiutiamo il turismo».

Il Pnrr sembra l’ultimo treno per colmare il gap infrastrutturale dell’Isola, cosa fare per non perderlo?
«Le infrastrutture creano posti di lavoro, attirano investimenti e sono un volano per lo sviluppo del territorio. Il Pnrr è fondamentale, per questo ci opporremo a chi come la destra chiede di rimetterlo in discussione: sarebbe l’occasione perfetta per Paesi come l’Ungheria di Orban per bloccarlo. Il Pnrr è fondamentale per l’Isola ma servono anche altri interventi: penso alla carenza di infrastrutture ferroviarie adeguate nella Sardegna orientale, solo per fare un esempio».

Nel 2014 portò il Pd al 40%: tornando indietro, rigiocherebbe la partita del referendum costituzionale?

«Non inseguo il consenso facile, ma il buon Governo. A volte le scelte che sembrano impopolari sono però quelle migliori per il Paese. Rigiocherei altre 100 volte la partita del referendum: una riforma costituzionale non serve a me, serve al Paese. Lo abbiamo visto con la pandemia, quanto sia essenziale riformare il titolo V. Così come, nonostante sia stato l’artefice dei cambi di Governo della legislatura che si sta chiudendo, credo che sia necessario avere governi stabili, sul modello dei sindaci, con l’elezione diretta del Premier».

Massimo Ledda

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