Una passione per la politica nata da ragazzo, che lo ha portato nel tempo a impegnarsi in prima persona fino alla candidatura a sindaco per Pavia, dove è arrivato dalla Sardegna ai tempi dell’università. Michele Lissia, 42 anni, nato a Tempio Pausania e cresciuto a Calangianus, è stato scelto dal Pd e da altre liste (M5s, Azione, Italia Viva, Alleanza Verdi Sinistra, più tre civiche) per rappresentare un “campo largo” che si propone per guidare la cittadina di 72mila abitanti, sfidando nella corsa Alessandro Cantoni, Paolo Walter Cattaneo, Francesco Grisolia e Francesco Signorelli. In lui, spiega, «probabilmente hanno visto una persona che si è sempre prodigata per unire, perché questo è il senso della nostra campagna elettorale, quella di un sindaco che unisce». 

Altre qualità?

«Penso di essere stato sempre disponibile, a sostegno di tutti gli sforzi fatti per rispettare i valori che condividiamo, e anche abbastanza diplomatico».

Doti che hanno a che fare con le sue origini sarde?

«Probabilmente sì, come la fierezza nel portare avanti le battaglie politiche, e anche la lealtà. Credo che i sardi abbiano una caratteristica peculiare, che è quella della generosità, quel mettersi a disposizione. I calangianesi, come lo sono io, a volte sono considerati “singolari”, ma sicuramente generosi».

Quando e perché ha deciso di candidarsi alla carica di sindaco?

«La politica ha sempre fatto parte della mia vita, prima scrivevo su un un giornale di Pavia, “Il Ticino”, avevo una rubrica che si chiamava “Il teatrino della politica”, la seguivo a livello nazionale, dieci anni fa mi sono impegnato in prima persona. Sono stato consigliere comunale, poi vice capogruppo del Pd, capogruppo, e segretario cittadino del partito. L’intento è stato quello di costruire un centrosinistra unito che potesse contare sulla presenza di tutte le forze che si riconoscono nei valori progressisti».

Cos’è per lei la politica?

«Interessarsi da un lato e assumere la rappresentanza delle persone dall’altro. Chi fa politica prende decisioni che ricadono sulla collettività e si mette a disposizione degli altri. È stato questo negli anni l’insegnamento più grande».

La politica è ancora passione? O è più uno status?

«Per me è passione. Io faccio il dirigente aziendale, un lavoro molto impegnativo, e lo svolgo in una fase in cui dedicarmi alla politica significa sottrarmi a una serie di mansioni. Ma la passione vera dà tantissime gratificazioni e soddisfazioni di carattere emotivo quando riesci a fare qualcosa di concreto per chi ne ha bisogno».

Perché il Pd? Quali sono i valori che condivide?

«L’essere un partito che aderisce alla Costituzione senza ambiguità o tentennamenti e che dovrebbe fare di valori quali lavoro, salute, ambiente e cura per le persone i punti di riferimento e preminenti, non da ultimo lottare contro le discriminazioni».

Cosa vi siete detti con Elly Schlein quando vi siete incontrati?

«La sua presenza a Pavia ha avuto un successo strepitoso, in sala c’erano 350 persone circa, altre 250 sono dovute rimanere fuori. Ha detto che a Pavia considera questo nostro lavoro di unione emblematico, da prendere come esempio, perché spesso nel centrosinistra ci si fraziona su personalismi che poi non raggiungono l’obiettivo principale e non risultano credibili».

Michele Lissia con Elly Schlein (foto concessa)
Michele Lissia con Elly Schlein (foto concessa)

Michele Lissia con Elly Schlein (foto concessa)

E con altri big nazionali?

«Per sostenere la mia candidatura sono venuti Carlo Calenda, che ha spiegato di voler sposare questo progetto riconoscendo la competenza tra le persone. Poi Stefano Bonaccini, Chiara Appendino, Mara Carfagna, Mariastella Gelmini, Cecilia Strada, venerdì verrà anche Beppe Sala. Insomma questo progetto viene visto con favore».

Quali sono i problemi principali di Pavia?

«Negli ultimi anni abbiamo notato poca cura della città; pulizia e decoro sono peggiorati, l’abbandono di alcune frange di popolazione, come quelle più fragili. I servizi sociali hanno subito un decremento di quantità e qualità. E poi le questioni storiche come cultura, sport, una mancata programmazione. Tutto questo ha avuto come risultato una città sempre più “arida”, alcune strutture sportive sono rimaste chiuse perché lasciate andare, senza manutenzione. Dico che serve un nuovo senso di comunità. E fattori di integrazione come sport e cultura, rigenerare aree dismesse, quelle che prima erano industrializzate e ora sono come dei “buchi neri”».

Le prime cose che farà se verrà eletto.

«Due investimenti: quello sulla piscina Folperti per riaprirla, e la costruzione della scuola media a Pavia Ovest, che ci consente di avere una struttura moderna e di parlare di mobilità dislocando i servizi di prossimità in ciascun quartiere, una mobilità costruita dal basso dando opportunità e servizi alle famiglie».

Che differenze vede tra il Pavese e la provincia sarda?

«A Pavia ho trovato una città accogliente e lo dimostra il fatto che mi abbiano individuato come uno dei loro rappresentanti, i cittadini sono cauti nei giudizi, poi tendono a darti tutto ciò che hanno, aspetto che in parte ho visto nella mia terra di origine: prima un filo di diffidenza poi i sardi ti danno il cuore».

Michele Lissia (foto concessa)
Michele Lissia (foto concessa)

Michele Lissia (foto concessa)

Lavoro, sicurezza e sanità sono i temi di ogni campagna elettorale. Lei quale pensa sia lo stato attuale in Italia?

«Intanto occorre garantire il principale strumento di inclusione sociale, che è il lavoro, su cui si basa la nostra Costituzione che conta questa parola 17 volte, è un elemento che consente a tutti di sentirsi partecipi. Bisogna insistere molto sulla creazione di lavoro, in Italia c’è tanto da fare. Sulla sanità, Pavia ha una situazione particolare e gode di strutture di eccellenza. Ma in generale si tratta di un settore che negli ultimi anni in Italia è stato definanziato, va assottigliandosi la percentuale del Pil dedicata alla sanità, e questo crea problemi: non tutti possono ricevere cure in tempi ragionevoli, le liste d’attesa si allungano e solo chi ha i soldi può rivolgersi al privato. Lo sforzo di tutti, penso, dovrebbe essere quello di dedicare più risorse a questo ambito».

Sicurezza?

«Parto da un’idea: quando lo Stato garantisce cure agli indigenti, aiuti a chi è in difficoltà o soffre di un disagio psichico, ai minori non accompagnati, ai senza fissa dimora, può avere un quadro sociale più stabile e c’è una fetta di popolazione minore incline alla devianza sociale. Non è semplice, ma Pavia lo dimostra: potenziando la sicurezza sociale oggi ci confrontiamo solo con episodi di microcriminalità».

Come quello in cui lei è stato coinvolto in prima persona.

«Anche. Passeggiavo in una via del centro quando ho visto un agente di polizia che inseguiva un ragazzo – poi ho scoperto essere un 20enne di origine egiziana -. Mi sono trovato davanti questo giovane, ho capito che aveva rubato qualcosa, gli ho intimato di fermarsi, l’ho rassicurato spiegandogli che se avesse restituito quell’oggetto, rivelatosi poi una catenina, sarebbe andato tutto bene. I vigili lo hanno arrestato, è stato condannato per direttissima a un anno. Si tratta di un senza fissa dimora, scivolato in questo comportamento illegale, ma lo dico non per giustificarlo. Non ha opposto resistenza, ho fatto quasi più fatica a contenere due vigilanti che volevano forse farsi giustizia da soli».

Del resto lei è stato uno sportivo.

«Ho fatto il pugile da giovane, quando ero a Calangianus, sono stato anche campione sardo e campione interregionale».

Su Michele Lissia sindaco cosa dicono i sondaggi?

«Sono positivi, lo dico con una certa cautela. Di sicuro registriamo un clima buono, aria di fiducia, lo vedo dalle persone che mi fermano per strada, che credono in questo nuovo inizio».

Cosa sarà più importante per il voto?

«Che i giovani vadano a esercitare il loro diritto, purtroppo sono spesso i più estranei alla partecipazione politica».

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