Con il nadef 2021, la Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza definita di recente dal “governo dei migliori”, si è pensato bene di operare, attraverso la solita e subdola “manina notturna”, una aggiunta tutt’altro che desiderata concernente l’odioso “ddl- Disposizioni per l’attuazione dell’Autonomia Differenziata di cui all’Art. 116, comma 3, Cost.”

Il pericolo per la stabilità del Paese e per la sua crescita armonica (più volte dalla sottoscritta esaminato in diverse occasioni) è ben lungi dunque dall’essere immaginario e, considerate le dinamiche parlamentari degli ultimi mesi, qualificabili nei termini riduttivi dell’inesistenza funzionale, rischiamo seriamente di sentire approvare una norma che, in assenza di ogni opportuno correttivo, e con buona verosimiglianza, contribuirà ad incrementare il gap già esistente fra le tre macro-aree del Paese, ovvero tra Settentrione, Meridione, ed Italia Insulare.

L’ “Italietta” delle tre velocità e delle correnti alternate ed alternative continua, insomma, ad esistere ed a resistere in totale dispregio di ogni principio costituzionale, volutamente ed impropriamente “disapplicato” a tutto vantaggio del “ricco epulone” nordista. Il potere genera potere: si sa. E’ la legge del più forte vergognosamente elevata a “regola di governo” la quale, invero, sembra non conoscere battute d’arresto ma anzi si consolida di pari passo con l’accrescersi dello stato di bisogno dei malcapitati di turno. Intendiamoci meglio norme alla mano ma senza cadere in inutili complicazioni. La sensazione che governa il sentire comune avverte come impellente il prossimo ed imminente scippo di risorse e di fondi in danno del Meridione e delle Isole. Intanto, perché l’articolo 179 della Legge di Bilancio licenziata da Mario Draghi, rubricato “Disposizioni concernenti le modalità per il riparto delle risorse Lep da assegnare agli Enti Locali”, volutamente generico e generalista, difetta grandemente tanto sul piano formalistico quanto su quello contenutistico al primo direttamente riconducibile, siccome omette di indicare, come da più parti opportunamente osservato, non solamente i cosiddetti criteri relativi ai servizi da erogare ed anche i loro correlati costi, ma omette altresì gravemente di prevedere eventuali e, ad onor del vero necessari fondi, per l’attuazione funzionale dei meccanismi di perequazione. Quindi, perché una “svista” di siffatto rilievo e consistenza, è tutt’altro che ammissibile da parte del Tecnico per Eccellenza del contesto politico italiano recente il quale sembrerebbe volersi affidare, sullo specifico punto all’ordine del giorno, al puro e semplice parere di una non meglio definita “Commissione Tecnica per i Fabbisogni Standard”.

Infine, perché, anche a tutto voler ammettere, ma non è questo il caso, sia chiaro, la cosiddetta “secessione dei ricchi” avrebbe l’effetto finale di ridisegnare in maniera oltremodo distorsiva la mappa economica del Paese, e di cancellare, con un colpo di spugna, anni ed anni di gloriosa Unità Nazionale sol per favorire le istanze, per molti aspetti egoistiche e scellerate, quando non anche contraddittorie, di quanti stentano ancora a comprendere che la ricchezza ed il benessere del settentrione sono diretta conseguenza delle risorse umane del Meridione e delle Isole destinati/e, storicamente, ed a cagione dell’indifferenza politica delle formazioni partitiche del dopo guerra e di quelle contemporanee e recenti, a fungere da precaria stampella di circostanza incapace, ed in ciò colpevolmente per la propria inerzia attendista, di assumere iniziative economiche autonome.

Ogni commento, ogni riflessione rischia di apparire, e di conseguenza di essere colta, come il solito piagnisteo programmatico dettato da una condizione di “inferiorità” sistemica. Ma di fronte all’indifferenza delle Istituzioni ed all’incapacità politica dei rappresentanti del Popolo Italiano, assuefatti al “poltronismo” rassicurante favorito dall’emergenza sanitaria, ed ai privilegi che quello stesso “poltronismo” sembra poter garantire in dispregio ed oltre ogni buona regola di confronto democratico, quali soluzioni possono essere offerte? La verità è che allo stato, surclassati dalle dinamiche conflittuali inerenti la scelta del prossimo Presidente della Repubblica, quanto meno in apparenza, siamo, o sembriamo esserlo, davvero impotenti. Intendiamoci: nessuno di noi attende i miracoli, ma tra gli impegni da assumersi da parte di questo Esecutivo voluto da Sergio Mattarella avrebbe dovuto primeggiare, e così purtroppo non è, quello precipuo di varare una riforma costituzionale utile a rendere più moderna ed efficiente la nostra democrazia.

Ma non volendola fondare sul presupposto, probabilmente fallace, che intende riconoscere nelle riforme istituzionali i meccanismi fondamentali e bastevoli per la risoluzione delle grandi questioni sociali ed economiche, quanto, piuttosto, perché un sistema costituzionale inedito, fondato sui principi del federalismo solidale simmetrico, potrebbe costituire la reale chiave di svolta per il “Sistema Italia” incancrenitosi sulle macerie della “Prima Repubblica”, ingiustamente rottamata a tutto vantaggio del “nulla governativo” e dell’instabilità ricorrente conseguitane. A tutt’oggi, a farla da padrone, sembra invece essere il cosiddetto “centralismo regionalista differenziato” in pregiudizio ad ogni principio sacrosanto di sussidiarietà. Dicendolo altrimenti, l’attuale esecutivo di governo sembrerebbe voler transitare dalle forme deformi del “centralismo statale” che parevano essere care a Mario Draghi, a quelle confuse e babeliche del “centralismo regionale” senza passare attraverso una riforma autentica, ma semplicemente forzando, ai limiti del lecito e del consentito, l’interpretazione a-sistematica di norme costituzionali risalenti in nome di un “federalismo disfunzionale” nelle sue molteplici articolazioni territoriali per essere tutto ancora da definire sul piano attuativo.

Ebbene: credo sinceramente, da cittadina, da singola unità del Popolo Sovrano, che ogni scelta di “autonomia”, comunque da realizzarsi, e da realizzare in un futuro forse ancora lontano, potrà essere portata a compimento, ma non notte tempo e furtivamente, quanto piuttosto in un contesto di collaborazione attiva ed integrativa fra le massime articolazioni statali e i vari e disparati sistemi di governo territoriale. I tempi, tuttavia, non paiono essere ancora maturi perché troppi ed insistenti sono i punti critici ancora da affrontare e risolvere. Facile discorrere di federalismo, ma di quale federalismo si vuole davvero discorrere, se di reale federalismo si intenda trattare? O si tratta ancora una volta di operare frettolosamente attraverso scarabocchi di puro e semplice “decentramento di poteri e di potere”? Meditiamo, “mala tempora currunt et peiora premunt” (cit.)

Giuseppina Di Salvatore

(Avvocato – Nuoro)

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